A cura di Anna Casale

“Quando si scrive delle donne, bisogna intingere la penna nell'arcobaleno e asciugare la pagina con la polvere delle ali delle farfalle”. (Denis Diderot).

8 marzo, Festa della Donna. Ricorrenza nata per ricordare ogni genere di lotta, sociale o politica che sia, che le donne, nel tempo, hanno portato avanti per dare un taglio a tutti quei modelli sociali e culturali in cui non si riconoscono.

La nascita della “Giornata Internazionale della Donna” vede la sua genesi in seno al clima politico dell’inizio del secolo scorso, quando la popolazione femminile iniziava ad organizzarsi per vedersi riconosciuti maggiori diritti. E’ il Partito Socialista americano che nel 1909 elabora l’idea di una giornata interamente dedicata all’importanza delle donne e al loro ruolo nella società. Quell’anno venne celebrata il 23 febbraio. La scelta, universale, dell’8 marzo viene ufficializzata nel 1921 probabilmente in riferimento all’impegno che le donne profusero, per i propri diritti e libertà, durante la Rivoluzione di febbraio in Russia durante la Prima Guerra Mondiale e fu proprio nel giorno dell’8 marzo del 1917 che le donne scesero in strada a protestare contro lo zar.

Fondamentalmente qualunque sia l’evento fondante è relativo, ciò che va ricordato è che l’essere donna non è mai stato semplice come fare una passeggiata.

Una giornata in cui la conquista sociale e politica, la lotta contro la discriminazione e la violenza devono andare di pari passo con una riflessione molto importante: i passi in avanti ancora da compiere. L’8 marzo deve essere baluardo per valorizzare il coraggio che le donne hanno avuto nel combattere contro le vessazioni subite nel corso dei secoli.

La pandemia che si è abbattuta su di noi ha scoperchiato ancora di più un vaso di Pandora già ampiamente aperto: l’enorme aumento delle violenze domestiche ed i femminicidi. Quest’anno tutto ha un significato ed una percezione più forte.

Anche la questione della parità di genere che non si releghi solo ad un termine declinato al femminile o al maschile. La parità è avere accesso a qualsiasi posizione o livello lavorativo sulla base di competenze e conoscenze, è ricevere ad egual mansione egual riconoscimento pecuniario. Oggi abbiamo riconoscimenti sotto forma di quote. Ma anche nella “quota” è insita una sorta di discriminante, dover ritagliare una porzione da destinare alle donne. Per quale motivo dobbiamo continuamente combattere per qualcosa che è nel nostro diritto? Cosa ci differenzia dall’uomo oltre alla conformazione sessuale? Abbiamo due braccia, due gambe, due occhi, un cervello. Perché le donne sono costrette ancora a dover scegliere tra l’essere madri o lavoratrici (ruoli distinti ma perfettamente compatibili). Per quale regola una donna deve badare al proprio abbigliamento perché altrimenti un altro essere umano si arroga il diritto di poter usare violenza? Indicateci la “sacra scrittura” in cui tutto ciò è scritto? Difficile vero? Non ve ne sono! E se ancora oggi, nonostante i “grandi passi in avanti” ho bisogno di lottare, rivendicare qualcosa che è nel mio diritto, c’è ancora tanto da lavorare a partire dall’educazione culturale ma siamo donne tutto possiamo, tanto abbiamo fatto e tanto faremo.