A cura di Anna Casale

Nel “Giardino della Legalità” a Villa Parnaso commemorazione in onore di Luigi Staiano, giovane imprenditore torrese ucciso il 4 luglio del 1986, per mano della delinquenza, per essersi ribellato ed aver denunciato il suo essere vittima della criminalità.

Scrivere quest’articolo non è stato per nulla ovvio o scontato, non lo è mai del resto quando si affrontano certi argomenti. Ma trasporre in scrittura le emozioni vibranti di letture, ricordi e testimonianze a cui ho assistito non è stato affatto cosa semplice.

Non solo parenti, amici o Istituzioni ma ad essere presente era la popolazione, fattore non da poco, certo qualcuno è potuto capitare lì per caso, forse per curiosità ma se anche solo uno di loro ha recepito il motivo per cui quelle persone erano lì raccolte vale la pena commemorare, ricordare, farlo e ancora farlo.

Giovanni Taranto, giornalista e presidente dell’Osservatorio per la Legalità: “Negli anni passati il giorno della commemorazione ci siamo ritrovati ad essere in pochi mentre stasera sono contento di vedere una partecipazione più allargata. Gli scorsi appuntamenti sono stati un rievocare, raccontare e un po' raccontarci le nostre speranze per un cambiamento, per una svolta che consentisse di non dover vedere mai più sulle colonne dei giornali o in TV vicende come quella di Staiano. Stasera invece – continua- volevamo tentare qualcosa di diverso, volevamo tentare di essere protagonisti della serata e di lasciare ognuno una piccola testimonianza di quello che la storia, che la figura di Luigi Staiano ci lascia dentro, ci fa accendere una riflessione in un angolino della mente per riflettere.”

Presente Fabiola, la figlia di Staiano che all’epoca dei fatti aveva solo tre anni che ha potuto portare avanti il ricordo di suo padre grazie ai racconti della madre: “L’emozione è sempre molto forte, per le letture di questa sera ho scelto dei capitoli emblematici tratti dal libro di Raffaele Sardo La sedia vuota (in cui è contenuta la storia di Staiano). Ho scelto contenuti che dessero un forte segno e senso alla testimonianza della tragedia vissuta da mia madre. Mio padre a suo tempo è stato, tradito dalle Istituzioni stesse. Mio padre – ci racconta la Staiano - era un imprenditore giovanissimo ma affermato, aveva svariate cooperative e all’epoca il clan reggente locale oltre al pizzo pretendeva che prendesse con sé, nei suoi cantieri, la loro gente e che stessero lì anche senza lavorare. Ma lui non si è chinato, si è affidato alla giustizia. E dopo anni è giusto che le verità vengano a galla.”

I brani contenuti nel libro di Sardo, sono stati affidati alla lettura del vicesindaco e assessore alla cultura Anna Vitiello: “Questa sera si parlerà solo di Luigi Staiano e della sua memoria. Questa sera io sarò Fabiola, sarà mia la voce ma le emozioni saranno le sue. Le emozioni si faranno sentire perché quel dolore attraverso quelle parole lo vivi, l’empatia è questa. Ognuno degli intervenuti avrà un pensiero per Luigi. Ricorderemo solo questo Grande Uomo.”

Tanti sono stati coloro i quali sono intervenuti per dare segno di testimonianza, tra i quali: il sindaco Vincenzo Ascione, gli assessori Nello Collaro, Luisa refuto, Maria Florinda Di Leva, un imprenditore torrese con la sua esperienza personale, Titti D’Amelio, don Antonio Carbone e don Ciro Cozzolino, referente locale di “Libera Contro Le Mafie” ed è stato proprio il suo, uno degli interventi più duri, reale e realistico.

“Voglio essere molto franco. Le commemorazioni hanno senso e significato se sono l'inizio e la fine di un percorso, il momento in cui commemoriamo, siamo seduti, ascoltiamo poi c'è il giorno prima il giorno dopo. Il giorno prima per fare una verifica di ciò che abbiamo fatto fino ad oggi e il giorno dopo, quello dell'impegno.  Dobbiamo essere sinceri, molti hanno difficoltà a denunciare – afferma don Ciro- in questi anni come referente di libera ho raccolto più volte emozioni, sensazioni di dolore dei commercianti di questa città. Luigi ha fatto la sua parte, l'ha fatta fino in fondo però fisicamente lui non è più, né per la famiglia, né per la città ma ci siamo noi. Le commemorazioni se dobbiamo farle solo perché è doveroso servono solo per mettere a posto la nostra coscienza. La lotta contro il racket, contro la camorra non può essere solo fatta da proclami, noi dobbiamo guardare in faccia alla realtà impegnandoci tutti i giorni, ventiquattro ore al giorno. La celebrazione termina e dopo c'è un dopo. L'antiracket deve diventare cultura, la memoria è un momento di consapevolezza per il futuro. Queste Mie parole vogliono essere un momento di riflessione per tutti noi, il cammino da fare è ancora tanto, la nostra presenza qui o ha un valore che si ripercuote e si dipana nei prossimi trecentosessantacinque giorni e l'anno prossimo ci diamo un appuntamento non per commemorare un'altra volta ma per dire cosa abbiamo fatto come abbiamo reso presente Luigi Staiano o non ha senso. Insieme tutto diventa più semplice.”

Un cerimoniale commemorativo è importante ma non solo nella misura in cui si commemora la persona in sé, quello può essere fatto anche privatamente. La persona resta nei ricordi, nei cuori dei cari ma ciò che bisogna esaltare sono le azioni che Devono divenire punti saldi, fermi nella nostra coscienza e soprattutto nel nostro agire. L’operato, il Giusto operato deve piantarsi lì al centro del nostro modus vivendi e operandi come una quercia solida, sempreverde, imperitura nel tempo, intorno alla quale costruire fondamenta solide e intessere reti di legalità.