A cura di Antonio Papa

Era il 2 marzo 1944. Alla stazione di Napoli il treno diretto alla volta della Basilicata, destinazione Potenza, era partito carico di passeggeri che avevano con loro utensili e oggetti utili da barattare con cibo delle popolazioni locali.

Impossibilitati a prendere il primo treno, poco dopo sarebbe partito il treno merci 8017 con identica destinazione, il quale venne preso d’assalto da coloro che erano rimasti a terra nonostante avessero pagato regolarmente il biglietto.

Nella notte tra il 2 e il 3 marzo, verso l’una, il treno merci entrò nella galleria delle Armi, lunga circa 2 km, situata tra le stazioni di Balvano-Ricigliano e Bella-Muro (linea Battipaglia-Potenza).

Il treno incominciò a slittare nella galleria, lunga 1.692 metri, e non riuscì più a procedere a causa dell’addensarsi del monossido di carbonio fuoriuscito dalle caldaie del convoglio.

In brevissimo tempo i macchinisti iniziarono a perdere conoscenza. Quasi tutti i passeggeri dormivano e questo li condusse velocemente alla morte dovuta all’esalazione del carbone delle due locomotive a vapore.

Solo verso le 5 del mattino ci si rese conto dell'immane tragedia. I soccorsi furono difficili a causa della zona impervia e di diversi corpi, lungo i binari della galleria, di sfortunati passeggeri che, nell’estremo tentativo, avevano cercato di fuggire da quella maledetta trappola.

Si stima che perirono fra le 500 e le 600 persone, il numero certo non è stato mai accertato.

In questa immane tragedia anche Torre Annunziata pagò il suo tributo in termini di vite umane, con la morte di dieci persone.

In un periodo storico funestato da tragedie e morti in tutto il Paese la notizia venne volontariamente occultata. La strage di Balvano, come verrà ricordata, causata da colpevolezze, negligenza, errori, fatalità, ma principalmente dalla fame delle persone, finì dimenticata. Solo alla fine della guerra, negli anni ’50 si provò a fare luce.

 La più grande tragedia ferroviaria d’Europa avvenuta a causa della fame e delle immani sofferenze degli italiani di quell’epoca, la ricordiamo ancora oggi per fare capire cosa vuole dire vivere in una società avanzata come la nostra e in pace.