A cura della Redazione

Presentato martedì 19 luglio 2022 il ricorso al Tar del Lazio da parte dell’ex sindaco di Torre Annunziata Vincenzo Ascione contro l’affidamento della gestione del comune di Torre Annunziata ad una Commissione straordinaria per la durata di 18 mesi.

Come si ricorderà, il Consiglio comunale oplontino decadde per mancanza del numero legale dato che la quasi totalità dei consiglieri, compreso il sindaco, rassegnò le dimissioni dall’incarico in seguito a 12 avvisi di garanzia notificati ad amministratori e professionisti esterni.

La Prefettura nominò una Commissione prefettizia per l’ordinaria gestione del Comune. Solo successivamente, e dopo gli accertamenti ispettivi della Commissione d’accesso, volti a verificare i presupposti per lo scioglimento del Consiglio comunale, con decreto del Presidente della Repubblica del 6 maggio scorso, la gestione del Comune venne affidata ad una Commissione straordinaria “per forme di ingerenza della criminalità organizzata nell’attività amministrativa”.

Il ricorso, in 41 pagine, presentato dagli avvocati Armando Profili (figlio dell'ex Prefetto di Napoli Renato) e Giorgia Esposito, rigetta punto per punto i rilievi della Commissione d’accesso e chiede “l’annullamento integrale di tutti gli atti e di tutti i provvedimenti impugnati”.

Ricordiamo i punti salienti del decreto di scioglimento:

  • una lite tra dipendenti comunali avvenuta nel 2012, non segnalata agli organi disciplinari da Ascione, allora in veste di assessore.
  • la figura del dipendente delle Prima Vera Salvatore Onda, imparentato con un mafioso locale, che secondo l’accusa, sarebbe stato “un elemento di raccordo tra amministratori pubblici del comune di Torre Annunziata,  consiglieri regionale e imprenditori che gestivano i vari servizi concessi in appalto dal Comune in maniera diretta o attraverso società partecipate”;
  • un’inerzia dell’Amministrazione comunale nel porre in essere iniziative miranti a contrastarne la diffusione e l’impunità, che avrebbe avvantaggiata la criminalità organizzata;
  • il fatto che la maggior parte dei dipendenti della PrimaVera sarebbero legati a vincoli di parentela, ovvero di frequentazione, con esponenti appartenenti alla locale criminalità organizzata;
  • l’affidamento di appalti da parte della PrimaVera  a società “controindicate alla normativa antimafia”;
  • procedura anomala nell’affidamento dell’appalto per la piantumazione ed incremento del verde cittadino.

Gli avvocati smontano punto per punto, con relativa documentazione, le obbiezioni mosse da Prefettura e Ministero dell’Interno e ritengono, che “la Circolare del 25 giugno del 1991, che è stata elevata a rango di parametro di costituzionalità della normativa ordinaria -- si legge nel ricorso – , ha fissato i criteri oggettivi per il corretto esercizio del potere di scioglimento. La tutela dell’integrità degli organi locali, esige dunque la cosiddetta “prova rigorosa”. Nella specie, al contrario, la labilità degli episodi considerati dalla Commissione di accesso, alcuni dei quali (il primo ed il quarto nell'elencazione precedente), già oggetto di una precedente procedura di accesso avviata a giugno del 2012 (con l’allora sindaco Giosuè Starita, ndr), conclusasi senza nulla di fatto ma solo con l’adozione di prescrizioni, esclude radicalmente che gli elementi acquisiti rivestano i caratteri della gravità, precisione e concordanza (ex artt.2727 e 2729 c.c.)”.

Ma cosa ne pensa l’ex sindaco Vincenzo Ascione? “Ritengo lo scioglimento per infiltrazione camorristica una ingiustizia che la mia Amministrazione non merita perché, al di là dei tanti problemi affrontati, l'attenzione rivolta al tema del rispetto della legalità e della trasparenza è stata sempre altissima, e lo dimostrano tante scelte che sono andate nella direzione di rafforzare gli uffici attraverso concorsi ed assunzioni fatte con criteri fortemente selettivi, o addirittura delegando la Regione a fare i concorsi. Escludo categoricamente - ha proseguito - la pur minima influenza o collusione o condizionamento da parte della camorra negli anni del mio mandato e spero che il Tar o il Consiglio di Stato possano ristabilire questa verità”.

Se il Tar Lazio, o in un secondo momento, il Consiglio di Stato, accogliesse il ricorso di Ascione, si andrebbe a votare nella primavera del 2023 anziché, come è più che probabile, nella primavera del 2024. Ma soprattutto l’intera Amministrazione verrebbe sollevata dalla grave accusa di avere avuto a che fare con la criminalità organizzata.