A cura della Redazione

«Formare la prima e unica donna chirurgo della striscia di Gaza resterà il mio orgoglio a vita».

A parlare è Salvatore Guarino, 41 anni, chirurgo specializzato in patologie gastrointestinali, in un’intervista a la Repubblica. Nativo di Torre Annunziata dove vivono ancora parenti e amici, da tempo si è trasferito per motivi professionali a Milano, dove lavora.  

Guarino è di ritorno dalla Palestina in una missione umanitaria con un’organizzazione non governativa e già freme per ritornarci. «Siamo stati accolti come rockstar – spiega nella sua intervista -. Un'ospitalità che non si riesce a descrivere, dopo avere superato una serie di controlli unici al mondo. Un tassista che portava in giro me e altri volontari, ci ha chiesto: “Lasciate casa e famiglia per aiutare noi? Perché lo fate?”».

Già perché? La risposta del medico torrese è molto semplice: «Mi rende felice – ha detto -. È molto gratificante. A me piace insegnare. Penso a Sarah, 29 anni, ora dopo il nostro corso è un chirurgo. È molto più brava di tanti altri suoi colleghi, ma ha dovuto sgomitare per farsi spazio in un club di soli uomini. Ho guadagnato la sua gratitudine e quella di molti altri».

Salvatore Guarino non è alla sua prima esperienza in una missione umanitaria. La sua prima volta è stata nel Corno d’Africa. «Non c'è paragone con Gaza, in Africa è molto peggio. Quello che però colpisce è come si passi da Israele, uno dei Paesi più avanzati al mondo, al Medioevo. Mentre eravamo in sala chirurgica mancava la corrente elettrica. Si può morire anche così».

A Gaza Guarino era sempre scortato, insieme al team guidato dal professore londinese, Shafi Ahmed. «Non potevamo andare da nessuna parte da soli. Neanche al mare di fronte al nostro albergo».

D’altronde molto tempo libero non lo avevano. «Abbiamo lavorato anche 12 ore al giorno – spiega il medico di Torre Annunziata -. Entravamo in ospedale alle otto di mattina e uscivamo alle otto di sera. Ma ne è valsa la pena. Serve il nostro aiuto».

Guarino ha tenuto anche corsi per chirurghi palestinesi. «Ai senior abbiamo trasmesso nozioni di chirurgia complessa. I medici lì sono completamente isolati. Chi riesce partecipa a convegni online, molti neppure a quelli. Hanno difficoltà ad aggiornarsi».

Appena ritornato in Italia, già la voglia di ripartire è tanta. Per adesso, però, pensa di trascorrere qualche giorno di vacanza a Torre Annunziata. «E' il luogo dei miei ricordi. Purtroppo ho perso i miei genitori molto presto, ma c'è il resto dei miei parenti e gli amici. La trovo una città migliore di tante altre nel Sud. Nonostante tutto c'è una energia positiva e voglia di fare».

Proprio qualche giorno fa abbiamo raccontato la storia di un altro medico torrese di 26 anni, Giulio Carotenuto, odontoiatra, in missione umanitaria a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. Due storie parallele che dimostrano che la nostra terra non è solo camorra e malaffare, ma che ci sono tantissimi uomini e donne di valore e di sani principi che contribuiscono a dare lustro alla nostra città con la loro opera, la loro cultura e il loro ingegno. Devono essere questi i punti di riferimento per le nuove generazioni se si vuole una volta per tutte emergere dal degrado in cui sembra essere ripiombata, ancora una volta, Torre Annunziata.

(Foto da la Repubblica)