A cura della Redazione

Vesuvio, Campi Flegrei e Ischia. I tre vulcani dell'area metropolitana di Napoli, tra i più monitorati al mondo non solo per la loro valenza scientifica ma anche e soprattutto perché situati in territori altamente popolati, oggetto di uno studio realizzato da un team internazionale di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” e del British Geological Survey (BGS) di Edimburgo (Scozia).

Gli scienziati hanno elaborato un nuovo modello statistico al fine di calcolare, in chiave di previsione probabilistica, quando ci saranno le prossime eruzioni. Si tratta di una ricerca unica nel suo genere, tant'è che è la prima volta che è possibile "produrre una valutazione comparabile delle probabilità di eruzione e della pericolosità sul territorio tra i tre vulcani napoletani", si legge in una nota dell'INGV.

Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Science Advances, ed ha evidenziato come "le dinamiche di avvio e termine delle fasi di alta attività eruttiva siano significativamente diverse tra il Vesuvio, i Campi Flegrei e Ischia, ciascuna legata ai processi vulcanici specifici che dominano i singoli vulcani".

“Studiando i dati geologici e le cronache storiche di questi tre vulcani, così sensibilmente diversi tra loro, siamo riusciti a mettere a punto un modello statistico basato sull’analisi delle fasi di alta e di bassa attività eruttiva - spiega Jacopo Selva, ricercatore dell’INGV e primo autore dell’articolo -. Il nostro modello si fonda su soli tre parametri: la frequenza eruttiva annuale dei vulcani nei loro periodi di bassa attività, la stessa frequenza eruttiva annuale registrata - viceversa - nei periodi di alta attività, e il cosiddetto ‘tempo di intervento soglia’, vale a dire l’intervallo temporale senza eruzioni trascorso il quale è possibile sancire il passaggio del vulcano da una fase di alta a una fase di bassa attività eruttiva”. In relazione a quest'ultimo aspetto (il tempo di intervento soglia", si legge nello studio, quello relativo al Vesuvio è stimabile nell'ordine di decadi, mentre per i Campi Flegrei e Ischia, in secoli.

"Studiando la storia eruttiva dei vulcani napoletani, che sono molto diversi tra loro, con il nostro modello abbiamo descritto in maniera omogenea le caratteristiche dei due differenti stati di attività (alta e bassa attività, ndr) per ciascuno di essi e la tempistica nella quale si registra nuovamente l’equilibrio del sistema vulcanico dopo una fase di alta attività eruttiva - prosegue Roberto Sulpizio, dell'Università di Bari -. Queste analisi possono fornire dati importanti per comprendere a pieno le dinamiche che governano il verificarsi delle eruzioni, ma soprattutto permettono di stimare in modo omogeneo e confrontare tra loro la probabilità di eruzione dei diversi vulcani, e, di conseguenza, la loro pericolosità".

(foto INGV.it)

Lo studio appena pubblicato contribuisce così "a migliorare la comprensione scientifica e, conseguentemente, la previsione probabilistica dell’attività eruttiva dei vulcani, attività fondamentali per mitigare i rischi per le popolazioni residenti nelle aree vulcaniche e per le infrastrutture", conclude l'INGV.

LE CARATTERISTICHE DEI TRE VULCANI (fonte INGV)

La ricerca ha affrontato le diverse tipologie di vulcanismo dei vulcani napoletani: quella del Vesuvio, uno stratovulcano a condotto aperto/chiuso, quella dei Campi Flegrei, una vasta caldera vulcanica formatasi a seguito di almeno tre enormi eruzioni, e quella di Ischia, un edificio vulcanico che si è elevato di oltre 1000 metri dal fondo del mare in seguito a un processo chiamato “risorgenza vulcanica”