L’anno 2023 si chiude a Torre Annunziata con due episodi diametralmente opposti: da un parte un gruppo di cittadini che protesta civilmente davanti all’ospedale di Boscotrecase per fare valere il diritto alla salute, dall’altra un gruppo di malfattori che i diritti li calpesta e fa della violenza e della sopraffazione il suo modus operandi. L’episodio dell’incendio appiccato a 4 furgoni della ditta che gestisce il servizio mensa per gli alunni delle scuole cittadine è emblematico, in una città che non riesce a scrollarsi di dosso l'odore nauseabondo della camorra.

Usando una metafora, Torre Annunziata e Sisifo (famoso nella mitologia greca per la sua ingegnosità), colpiti dalla stessa maledizione. Infatti il re di Efira, facendo arrabbiare gli dèi, fu condannato ad un tormento eterno: doveva far rotolare un enorme masso fino alla cima di una collina. Quando arrivava in cima, il masso rotolava di nuovo verso il basso e lui doveva ricominciare tutto da capo, all’infinito.

Ebbene, tutti gli sforzi che vengono compiuti non solo da Forze dell’Ordine e Magistratura, ma anche da parte della società civile per risollevare le sorti di questa martoriata città, vengono continuamente vanificati da questi episodi criminosi che la fanno ripiombare nel baratro.

Ma noi non possiamo e non dobbiamo subire in eterno questa maledizione. Dobbiamo ribellarci con le “armi” in nostro possesso.

Questa è una città con un alto tasso di disoccupazione. Le nostre migliori energie, i giovani, sono costretti ad andare via per mancanza di lavoro. Chi resta si arrangia come può, ma c'è anche chi, per necessità, prende strade sbagliate. C'è chi delinque autonomamente e chi va a infoltire la manodopera della criminalità. Il lavoro, quello vero e duraturo, invece, sottrae linfa a chi delinque per professione.

Certamente non ho scoperto l’acqua calda, si è sempre detto che il “lavoro nobilita l’uomo”. Ma in attesa che il lavoro ci venga calato dall’alto (Governo, Regione e chicchessia) moriremo, e con noi la città, di una morte lenta, tra l’indifferenza generale.

E allora cosa dovremmo fare? A giugno di questo nuovo anno andremo alle elezioni. Ai futuri governanti, nelle speranza che eleggiamo persone capaci e che abbiamo a cuore le sorti della città, dobbiamo chiedere due cose. La prima, che rendano da subito vivibile ed accogliente la città (strade ripavimentate e mantenute pulite, cura del verde, arredo urbano, ecc.). Per dirla in parole povere, rifarsi il look per presentarci “puliti ed eleganti” al cospetto dei tanti turisti che vengono a visitare la nostra città, con la certezza che quanto più siamo accoglienti più turisti verranno (e più imprenditori investiranno) perché abbiamo avuto in dote dalla natura risorse che nessuno ci può togliere: clima, mare, spiaggia, terme, scavi archeologici. Oltre ad essere in una posizione strategica: vicini a Pompei, al Vesuvio, alla costiera sorrentina ed amalfitana.  

Il turismo crea lavoro duraturo e in quantità. E non partiamo neppure dall’anno zero. In città ci sono circa 70 tra B&B e case vacanze, una trentina tra pizzerie e punti di ristoro.

La seconda cosa che chiediamo ai nostri futuri governanti è quella di non essere capaci solo di governare ma anche di educare. I cittadini, non tutti s’intende, vanno disciplinati ed educati allo sviluppo turistico. Con la prevenzione, certo, ma se è necessario anche con la repressione (capitano dei carabinieri Toti docet).

Davanti a noi, quindi, abbiamo due strade da percorrere: quella dell’apatia, aspettando che qualcuno ci venga a salvare portandoci in dono posti ipotetici di lavoro, e quella della consapevolezza che da soli possiamo farcela, basta crederci, crederci e ancora crederci…