A cura della Redazione

Sono passati 17 anni dalla morte tragica di Giuseppe Veropalumbo, giovane padre colpito da un proiettile vagante durante i festeggiamenti per l’inizio del nuovo anno a Torre Annunziata.

Carmela Sermino, moglie di Giuseppe, non si è mai rassegnata all’immatura, tragica perdita del marito, dedicando il suo impegno alla lotta per il trionfo della giustizia.  

In un post pubblicato sulla sua pagina Facebook immagina di parlare con Giuseppe, rivolgendosi a lui con affetto e nostalgia.

«Ciao Peppe come va? Hai incontrato mamma? Ti ha cucinato? Sicuramente vi state facendo un sacco di risate e sicuramente la stai sostenendo come hai sempre fatto.

Qui le cose vanno. Devono procedere ed è quasi obbligo, cercare di dare un senso a tutto quello che è successo velocemente. A volte par così rapida la discesa della sabbia nella mia clessidra.
Ludovica oramai è diventata 18enne, l’anno prossimo si diplomerà e vuol diventare assistente sociale.

In questi anni ho incontrato tanti ragazzi di ogni età. Tanti, troppi, reclusi. Alcuni hanno sbagliato perché non hanno ricevuto. È una parola magica ricevere. È un dono ed è così raro. Mancanti di fondamentali. Fondo di una famiglia, di una società solida, di uno stato presente. Stato. Altra parola magica ed altissima e che troppe volte è mancata.

Quando ho raccontato la tua storia molti la ricordavano ed alcuni ti conoscevano. Torre Annunziata era la vostra realtà comune. La stessa terra, la stessa faccia. Mi hanno dato tanto conforto. La richiesta fortissima di continuare. Lottare e raccontare. Portare avanti la tua nobile memoria.

È un Tempo scomodo. Difficile. Sfugge tra le dita. Periodo storico terribile. Politico e civile. Muoiono in tanti. Volti senza faccia. Volti coperti di fango, acqua e polvere. Sembrano tutti uguali. Tutti avvolti dal demone della Povertà. Bambini.

Diceva bene Enzo Avitabile. “Tutt ugual song e Criatur” ma alcune non incontrano mai la Libertà. La parola neppure esiste.

Peppe, non è facile la mia Lotta. Non è facile Credere, Gridare, Ribadire e poi il giorno dopo alzarsi e rifarlo.

Ogni giorno arrivano notizie terribili che non mi rendono felice. A Napoli sono morti altri ragazzini uccisi da altri ragazzini. Senti che rumore fa la parola “Ragazzini”. Diciamola insieme “Ra-ga-zzi-ni”. Ghiaccia a solo dirla. È una mattanza. Sono disorientata ed amareggiata. Ho solo quella fiammella dentro di me e continuo a tenerla accesa. Credo e spero. Devo. È il mio obbligo. È allo stesso tempo il più alto impegno e la peggior condanna. Con fierezza ne assumo il peso.

Non mollerò affinché il mondo cambi e che tu possa avere giustizia. Diciamolo insieme. “Gius-ti-zia”».