A cura della Redazione

Hanno ottenuto l’oblazione e, in caso di condanna, vedranno tramutare la pena detentiva in ammenda. Sgombero di Palazzo Fienga a Torre Annunziata: parte il maxi-processo ai proprietari dell’ex roccaforte del clan Gionta. 

Alcuni imputati, incensurati e non residenti, potranno beneficiare di questo strumento per poter estinguere il reato con una multa in caso di condanna. Ma alla sbarra ci sono anche una decina di affiliati al clan tra i 72 imputati che sono comparsi ieri dinanzi al giudice monocratico del tribunale di Torre Annunziata, Marco Feminiano. Tra loro anche alcuni killer scelti come Giovanni Iapicca e Liberato Guarro, e la suocera del boss poeta Aldo Gionta, Pasqualina Apuzzo. Tutti erano proprietari di un appartamento all’interno del palazzo al civico 46 di via Bertone, chiuso dalle Autorità ormai tre anni fa.

Mancati lavori contro il pericolo di crollo e inosservanza dell’ultimo ordine di sgombero (il sesto scritto in 30 anni dal Comune di Torre Annunziata): queste sono le accuse mosse a vario titolo agli imputati. Tutti proprietari di uno o più locali, tra appartamenti e negozi, nell’ex fortino del clan Gionta. Fortino ora ridotto a covo sgomberato, a chiusura delle due inchieste parallele condotte dalla Procura di Torre Annunziata e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

Secondo l’accusa, rappresentata in aula dal pm Sergio Raimondi che, insieme al collega Emilio Prisco ha condotto le indagini, i proprietari di case nel fortino sgomberato non avrebbero effettuato i lavori necessari per evitare eventuali crolli a Palazzo Fienga. Inoltre, alcuni non avrebbero osservato le sei ordinanze di sgombero, emesse fin dagli anni ‘80 dal Comune per motivi di sicurezza. Secondo la Procura, infatti, l'ex covo di camorra era “incompatibile con il soggiorno degli esseri umani”. Nel frattempo, però, il clan Gionta l’aveva trasformata in una “fabbrica di morte” dove venivano decisi gli omicidi, custodite armi e droga, e convocate le vittime del racket.

Tra i 72 imputati a processo, anche alcuni elementi di spicco del clan Gionta. A parte i killer Giovanni Iapicca (alias “rangitiello”) e Liberato Guarro “Balduccio”, alla sbarra ci sono anche Eduardo Venerando, Andrea Cirillo alias 'o sciacallo, e ancora Antonio Palumbo “pizzicanterra”, Oreste Maresca e l’estorsore Salvatore Ferraro ‘o capitano. Tutti assistiti dal collegio difensivo formato tra gli altri dagli avvocati Giovanni Tortora, Gaetano Rapacciuolo, Simonetta Vitiello, Gennaro Maresca, Elio D’Aquino e Danilo Di Maio. 

Il covo di via Bertone 46 fu sgomberato all’alba del 15 gennaio 2015. Lo sgombero dell’ex fortino di camorra riguardò un mega complesso immobiliare su tre strade (anche via Castello e via D'Alagno): 42 nuclei familiari – per un totale di 193 persone – che occupavano 63 appartamenti, mentre 36 abitazioni non erano occupate; infine c'erano altri 17 locali non abitativi.

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