A cura della Redazione

“Non so chi ha sparato, non li ho visti in volto. E non immagino perché l’abbiano fatto, forse è stato un puro caso”. Poi si gira e saluta gli imputati. 

Testimone a processo è il 20enne Vittorio Nappi, rimasto ferito gravemente in un agguato, avvenuto il 27 gennaio dello scorso anno al centro di Torre Annunziata. Altro teste è Salvatore Iovane, 31 anni, ritenuto l’obiettivo del raid e zio di uno degli imputati. Alla sbarra ci sono proprio il nipote Raffaele Gallo (il nipote di Iovane), il 19enne figlio del boss Francesco, detto 'o pisiello (detenuto in regime di 41 bis), e un complice del giovane, il 20enne Vincenzo Falanga, entrambi del rione Penniniello di Torre Annunziata e arrestati lo scorso agosto con l'accusa di tentato omicidio e porto e detenzione illegale di armi.

Nappi, che quella sera fu raggiunto da un proiettile alla schiena che per poco non l’ha ammazzato, ha provato a raccontare i fatti tra mille “non so”, prima di salutare chi è accusato di averlo quasi ammazzato. “Ricordo che stavo facendo manovra. Eravamo andati a fare un giro dopo aver lavorato con i cavalli ad Agnano. All’improvviso sentimmo i colpi, poi ho perso i sensi e mi sono svegliato in ospedale”. Le due testimonianze, però, sono sembrate dettate più dall’omertà e dalla paura, che altro. Piene di “non so” e “non ricordo”.

Secondo quanto ricostruito dall’accusa, l’agguato fu deciso da Gallo ed eseguito insieme a Falanga per vendicare l'onta che la madre aveva arrecato al clan guidato dal padre, allacciando una relazione extraconiugale con un elemento di spicco di un gruppo camorristico avversario, i Gionta. Per questo, Gallo avrebbe tentato di uccidere lo zio materno ma, durante l'agguato, colpì e ferì un giovane che era in compagnia del vero obiettivo. Questo sarebbe il movente del tentato omicidio, ricostruito al termine di indagini durate cinque mesi e condotte dai carabinieri della Compagnia di Torre Annunziata.

I due entrarono in azione in via Cuparella, sparando diversi colpi d'arma da fuoco contro una Mercedes a bordo della quale c'era Iovane e Nappi, quest’ultimo rimasto gravemente ferito al torace. Una vendetta trasversale per “punire” la madre che non solo si era permessa di lasciare il padre, potente capoclan, ma che addirittura si era legata sentimentalmente a un uomo appartenente a un clan loro acerrimo nemico.

I due presunti killer sono a processo dinanzi al collegio di giudici del tribunale di Torre Annunziata presieduto da Fernanda Iannone, su decreto di giudizio immediato chiesto e ottenuto dal pm Emilio Prisco, e sono difesi dagli avvocati Ciro Ottobre, Raffaella Farricelli, Roberto Cuomo e Giuseppe De Luca.

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