A cura della Redazione

Era legato ad una catena al terzo piano di un edificio abbandonato in via Capuozzo e denutrito da giorni. Si tratta di un pitbull di colore nero, con orecchie mozzate e quasi sicuramente addestrato per combattimenti.

La denuncia anonima è arrivata al Comando dei vigili urbani che ha immediatamente allertato gli uffici competenti dell’Asl Na3 Sud. Sul posto si è portato un accalappiacani che ha provveduto a liberare il pitbul dalla catena e a trasportarlo al Centro veterinario di Ottaviano. Qui sarà sottoposto alle prime cure e una volta stabilizzato sarà trasferito al canile Dog Park di Boscoreale.

Nel frattempo si è già attivata un’associazione animalista per un eventuale affido al nord d’Italia.

Il destino di questi cani, quando cadono in mani sbagliate, è segnato purtroppo da sofferenze e sevizie. L’addestramento dei poveri pitbull da combattimento «comincia» con l’allenamento: corse estenuanti legati dietro a motorini lanciati a tutta velocità, per sviluppare fiato e muscolatura. Poi si passa alla presa mascellare, fondamentale per i combattimenti. I cani sono costretti a mordere copertoni sollevati ad alcuni metri dal suolo: se mollano, cadono nel vuoto. Spesso, poi, questi poveri animali sono tenuti a digiuno per giorni, poi nutriti con altri animali feriti, sanguinanti ma ancora vivi. Serve a renderli più feroci.

“Cani killer”, “bestie assassine”, “sicari a quattro zampe”, sono le espressioni più correnti per descrivere questi animali. La verità è un po’ diversa.
 Di un pitbull si può fare ciò che si vuole, la sua personalità è plasmabile in qualsiasi modo. Così, non avendo un carattere di specie, attinge a quello del suo possessore e lo assorbe. 

Ma non tutti i cani da combattimento sono cattivi. Ecco la storia di Trudy. Sequestrata dalla magistratura assieme ad altri otto cani da combattimento perché trovata, in condizioni pietose, in possesso di un malavitoso, il destino di Trudy era segnato. Parcheggiata per qualche tempo nel canile comunale, era destinata all’abbattimento. Nessuno voleva un cane che aveva combattuto. Poche ore prima dell’esecuzione, le associazioni Diamoci La Zampa, Gaia Animali & Ambiente e Vita da Cani chiedono al giudice l’affidamento. Concesso. Gli otto «cani assassini» sono trasferiti nei rifugi delle associazioni. Non più sottoposti a torture, non più picchiati e maltrattati, ma rieducati e rassicurati dall’amore, dalle coccole e da qualche lezione di recupero, Trudy e gli altri compagni di sventura sono pronti per tornare a fare «vita civile». Trudy è fortunata: di lei si innamorano Maura e Davide, che la vedono nel rifugio di Diamoci La Zampa e, dopo un programma di «affiatamento», la portano a casa. Trudy passa dai ring dei combattimenti ai giardinetti sotto casa.