A cura di Enza Perna

Sold out per la commedia "Ferdinando" di Annibale Ruccello, portata in scena dalla compagnia teatrale Medea di Torre Annunziata, con la regia di Bina Balzano al Teatro Mattiello di Pompei.

La regista ha voluto rappresentare il testo della commedia nella sua originale bellezza, senza tagli o modifiche, rappresentando le scene nella loro carnalità di vizi e virtù.

Il connubio tra passioni e cattiverie, ipocrisia e lussuria, e il poco pentimento e redenzione (come se tutto in questa vita fosse dovuto) porta lo spettatore alla riflessione, al credere che forse gli eccessi demoliscano le nostre identità di essere umani.

Le sopraffazioni, le tenerezze, gli abbandoni, fra quattro personaggi, tutti perduti, dannati da una storia diversa per ognuno, ma sempre inclemente e perfida.

L’azione si svolge nel 1870, un anno prima della presa di Roma: in una villa vesuviana vivono, in esilio volontario, due donne.

La prima, la baronessa Donna Clotilde, interpretata da Anna Vitiello, chiusa nella sua ipocondria e in una simulata infermità a letto, rifiuta culturalmente e storicamente la modernità, non solo ripudiando la nuova situazione politica e il re sabaudo, ma anche l’italiano “lengua straniera… barbara, senza sapore… senza storia… e senza Dio!”.

L’altra, Donna Gesualda, interpretata da Leonilde Mellone, cugina povera e zitella di Clotilde, che la accudisce e la sorveglia, e che intreccia una relazione clandestina con l’unico uomo che frequenta la casa: Don Catellino, personificato da Enrico Castellano, curato dotto e vizioso. L’improvviso arrivo di Ferdinando, interpretato dall’attore Angelo Pepe, lontano nipote della baronessa del quale si ignorava l’esistenza, porta scompiglio nella casa, facendo emergere passioni sopite, vizi e rancori.

Ruccello stesso, all’epoca della prima rappresentazione, precisò che il suo intento non era quello di realizzare un dramma storico, ma che il contesto era strumentale alla realizzazione di un ben più ambizioso progetto. L’opera, infatti, non solo esamina come i precari equilibri tra i tre personaggi vengano alterati dall’inaspettata venuta di un giovanotto “dalla bellezza morbosa e strisciante”, ma - con una prospettiva di grande profondità e modernità - analizza il mutamento di “rapporti affettivi intercorrenti tra quattro persone in isolamento coatto”.

Donna Clotilde si trasforma, da malata immaginaria misantropa e reazionaria, in donna innamorata e gelosa; Gesualda, vistasi rifiutata dal parroco, ordisce una trama di ricatti e di vendette; Don Catellino perde progressivamente ogni ritegno, vivendo apertamente la sua ambiguità, e Ferdinando, che porta “’o nomme ‘e nu re”, finirà per rivelarsi Filiberto, impostore con il nome di un Savoia.

Infine c’è una chiave della vicenda di carattere più metaforico che allude ad un mutamento di valori e ad un salto generazionale e culturale molto simile a quello attualmente operante nella nostra società, dove ai vecchi comportamenti e alle vecchie ideologie si vanno sostituendo nuovi modi d’azione, ancora più brutali nella loro assenza di coordinate storiche.

L' assegnazione dei personaggi è stata mirata e vincente. Ciascuno degli attori nella propria interpretazione ha cercato di restituire al personaggio profondità e intensità, passando attraverso le ombre scure della perversione, della rabbia, del dolore.

 Il pubblico attento ha assorbito con avidità tutte le emozioni traducendole in applausi e consensi. E in quel preciso momento che gli attori della compagnia Medea, hanno avuto netta la percezione di essere riusciti nell'intento, ovvero arrivare al suo cuore e lasciarvi un segno indelebile.   

Un obiettivo centrato quello di Bina Balzano, che ancora una volta garantisce un successo alla sua compagnia teatrale.

L’ opera partecipa al Premio F.I.T.A. " Campania Felix"  XX edizione.

Costumi e scenografia hanno rispettato in pieno ciò che era lo stile e la moda di qual tempo.

Un encomio speciale è stato tributato alla regia della Balzano per la scelta coraggiosa e la capacità di resa.