Un fondale nero, una mezza quinta, un esperto taglio luci. Basta poco per trasformare l’aula magna di una scuola in un teatro e portare così il “Teatro a Scuola” e non viceversa. Se poi in questa location va in scena uno spettacolo devastante che arriva nell’anima passando attraverso il cuore, allora l’impresa è davvero straordinaria. “Solandata” è un dramma teatrale che rapisce fin dal buio iniziale. E se pensiamo che è stato scritto dagli studenti del laboratorio teatrale “Anita Sorrentino” del Liceo Statale “Pitagora-Croce” di Torre Annunziata, allora l’opera assume contorni e spessore di assoluta eccellenza. Il tema trattato è il viaggio dei migranti. Sì, proprio quelli che sbarcano sulle coste meridionali della nostra nazione da tempo oramai remoto. Ci siamo assuefatti a questo fenomeno. Un barcone zeppo all’inverosimile di esseri umani che fuggono dalla fame e dalla miseria e che arriva a Lampedusa, passa oramai tra le “brevi” dei notiziari. Complice anche un discutibile indirizzo politico che si sta tentando di imporre a chi si occupa di “umana” informazione.

I liceali torresi stasera hanno scosso l’aula magna “Benito Capossela”. Hanno ricordato a tutti i presenti che i migranti esistono ancora. E lo hanno fatto con un testo forte, intenso, profondo, vivo che ha colpito e affondato le nostre coscienze.

La rappresentazione è stata l’atto finale delle attività svolte dal Laboratorio Teatrale “Anita Sorrentino” riattivato quest’anno al “Pitagora-Croce” con la guida esperta della professoressa Carola Flauto e la collaborazione del professor Pierpaolo Sgueo. Alla realizzazione di “Solandata” ha collaborato il docente dell’indirizzo musicale Aniello Misto.

Al termine dello spettacolo Carola Flauto ha voluto fortemente che ci fosse un simbolico passaggio di testimone tra gli ex allievi del Laboratorio teatrale Anita Sorrentino e i nuovi studenti dello stesso. Presenti tra gli ex liceali Cristina Dati, Martina Caso (giovani attrici impegnate entrambe nella serie Netfix “Pompei”), Giovanna Barba, Andrea Esposito e le ex docenti del Laboratorio Annamaria Raiola, Carla Aversa ed Elisa Esposito (le altre colleghe Antonella Mastellone, Laura Boccia e Delia Greco assenti per impegni fuori città). Giovedì pomeriggio, nel corso delle prove generali, il gruppo dei nuovi allievi aveva ricevuto la visita di Pasquale Nastri, Michele Maria Gallo, Rossana Carotenuto e Alessandra D'Ambrosio, ex studenti del Laboratorio e oggi componenti della Compagnia teatrale "I Senzarteneparte”.  

Biagio e Pina Sorrentino, genitori di Anita, in chiusura dell'evento, a nome dell’Associazione “Amici di Anita Sorrentino”, hanno voluto omaggiare la dirigente scolastica Tiziana Savarese e ogni singolo allievo del laboratorio con una targa dal testo molto significativo: “Vola nei Tuoi sogni, costruendo la Vita! Solo Tu ne sei l’artefice, ricordando sempre che le esperienze contano più delle vittorie”.

Con la docente e scrittrice Carola Flauto approfondiamo il percorso teatrale ripreso quest’anno al Liceo Pitagora-Croce dopo lo stop imposto dalla pandemia. Come si sono riavvicinati gli studenti al progetto e quali strumenti sono stati adottati per il loro coinvolgimento? 

«Il laboratorio teatrale, per gli alunni, è un percorso di conoscenza e di scoperta dell’identità. Gli allievi hanno imparato ad individuare qualcosa in più di se stessi, degli altri, della vita e delle loro potenzialità creative ed emotive. Ci si è avvalsi di tecniche di psicoscenica, di studio della dinamica dei corpi, del suono e della voce come strumenti di comunicazione, per indirizzare le emozioni verso l'espressione creativa generando così una relazione positiva con gli altri, in un cerchio di connessioni umane e contatti consapevoli».

Quindi si è trattato di un processo graduale e consapevole di avvicinamento al palcoscenico.

«Dopo le esercitazioni su improvvisazioni, monologhi e dialoghi, i ragazzi sono stati guidati ad interpretare personaggi dentro un testo drammaturgico da loro immaginato e composto. Questo metodo, operativo e funzionale, ha permesso ai partecipanti un avvicinamento autentico al teatro, rendendoli consapevoli che ogni creazione artistica nasce dal bisogno di esternare, esprimere concedere parti di sé, non dal copiare ma dall'inventare, non dal declamare testi, ma dal viverli».

Perché il tema dei “migranti”?

«Siamo tutti migranti, ma non sempre ne siamo consapevoli. Nelle generazioni passate, tutti abbiamo avuto parenti emigrati. E quelle vite ci raccontano il dramma dello sradicamento e ci chiedono di ricordare che siamo tutti frutto di una mescolanza infinita di storie diverse. Samo oggi figli inconsapevoli di viaggi di "Solandata". Noi siamo un impasto di vite passate e di culture diverse, di incroci, per questo non possiamo voltarci dall'altra parte di fronte ai drammatici viaggi dei migranti, costretti a fuggire da sistemi politici dittatoriali e da terre impoverite e da vecchi e nuovi colonialismi».

Quali elementi hanno contribuito alla stesura del testo?

«Con gli alunni del Laboratorio, abbiamo raccolto testimonianze vere di migranti che sono stati costretti ad andar via dalle loro terre, usando tutti i loro averi per affrontare un viaggio senza ritorno. Nessun essere umano è immune dal pericolo delle guerre e della desertificazione climatica, soprattutto, umana. Ci hanno aiutato nella scrittura del testo grandi autori di ogni tempo come: Omero, Shakespare, Calvino, Koltès, Baricco e Brecht che hanno saputo cogliere, in epoche diverse e in luoghi diversi, l'universalità del sentire umano nella tragedia del vivere».