Continua la nostra pubblicazione di personaggi storici di Torre Annunziata. Dopo Michele Caravelli, Vincenzo Gambardella, Salvatore Dino, Giuseppe Tagliamonte, è la volta di Rocco Caraviello, Maria Penna e Bartolomeo Caraviello.
C’è una lapide, a Palazzo Vecchio di Firenze, che ricorda i partigiani caduti per la Liberazione di Firenze. Tra quei nomi, per molti sconosciuti, spiccano quelli di Rocco Caraviello e sua moglie Maria Penna. Dietro quelle incisioni c’è una storia che parte da Torre Annunziata e arriva, tragicamente, nella Firenze del 1944.
Rocco Caraviello nacque a Torre Annunziata il 21 ottobre 1906. Fin da giovanissimo abbracciò le idee socialiste, poi comuniste: a soli 14 anni era attivista, a 16 organizzatore di cellule comuniste e a 18 responsabile regionale dei giovani comunisti. Perseguitato dai fascisti, subì arresti e carcere, senza mai rinnegare i suoi ideali.
Nel 1930 sposò Maria Penna, nata a Benevento nel 1905. La coppia ebbe quattro figli: Ciro, Cosimo, Luisa e Luigi. Per sfuggire alla repressione fascista, nel 1935 si trasferirono a Firenze, dove già viveva il padre di Rocco. Qui Rocco aprì un negozio da parrucchiere per signora in via Fra’ Bartolomeo, grazie al quale riuscì a raccogliere informazioni preziose ascoltando le conversazioni delle mogli dei gerarchi locali. A Firenze li raggiunse anche Bartolomeo Caraviello, cugino di Rocco, nato a Boscoreale nel 1913.
I tre aderirono ai GAP, i Gruppi di Azione Partigiana, impegnati nella resistenza contro il nazifascismo.
L’arresto e il sacrificio
Il 19 giugno 1944 la tragedia si consumò. Rocco fu catturato dalla famigerata banda del maggiore fascista Mario Carità e ucciso con un colpo di pistola alla nuca vicino a Piazza della Signoria. Due giorni dopo fu arrestata anche Maria, torturata nella terribile “Villa Triste” e poi fucilata insieme a Bartolomeo, che aveva tentato disperatamente di salvarla.
Il figlio Ciro, anni dopo, raccontò il dramma di quel momento: «Dovemmo riconoscere i nostri genitori all’obitorio, io e mio fratello Cosimo, avevamo appena 13 e 10 anni. Quel ricordo non ci ha mai abbandonato». I quattro figli rimasero orfani e vennero cresciuti con amore dal nonno Ciro, fino alla sua morte nel 1951.
La fine del carnefice e il dovere della memoria
Firenze fu liberata l’11 agosto 1944. Mario Carità, il torturatore dei Caraviello, fuggì in Alto Adige. Fu scovato nella notte tra il 18 e 19 maggio 1945 da militari americani: reagì sparando, uccise un soldato, ma venne a sua volta colpito a morte.
Nel tempo, la memoria del sacrificio dei Caraviello e di Maria Penna ha trovato diversi segni concreti: a Torre Annunziata a Rocco è stato intitolato uno slargo; a lui e alla moglie la sezione locale dell’ANPI; ai tre partigiani nel 1975 il Comune conferì la medaglia d’oro alla memoria. A Firenze, a Maria è stato dedicato un monumento raffigurante la testa del cavallo mitologico Pegaso, simbolo di libertà, sul greto del torrente Terzollina dove fu ritrovata. Nel 2017, a Rocco è stata anche intitolata una strada.
Dietro quei nomi incisi nel marmo ci sono vite, scelte coraggiose, sacrifici estremi e famiglie spezzate. Ricordarli oggi non è solo un dovere: è un modo per capire il prezzo che tanti hanno pagato per la libertà di cui godiamo.