A cura della Redazione
Ieri sera la presentazione di un saggio di Federico Federico su Monsignor Roberto Ronca, Vescovo-Prelato a Pompei nel primo dopoguerra, è stata l’occasione per Carlo Liberati (nella foto), successore in carica sul soglio vescovile, di avere parole di fuoco, dettate dalla delusione del fallimento di numerose iniziative della chiesa di Pompei. Le responsabilità, secondo l’alto Prelato, sono dell’attuale amministrazione comunale. Liberati ha parlato alla fine, dopo autorevoli relatori che si erano intrattenuti nella presentazione del saggio di Federico, lo storico scafatese Angelo Pesce e l’archeologo Antonio De Simone. I due alla luce del saggio hanno esaminato il settennato pompeiano di Monsignor Roberto Ronca, incentrato nella sperimentazione di linee innovative per la politica nazionale del dopoguerra e nella trasformazione urbanistica e sociale di Pompei. Liberati intervenendo si è dichiarato ispirato alla sua opera. “Però lui è stato fortunato – ha precisato - ha trovato una valida collaborazione nel sindaco Marotta, mentre io – ha proseguito - non ho avuto la stessa fortuna con il sindaco D’Alessio”. Il colpo di scena ha cambiato di botto il clima nella sala consiliare. Il Prelato ha sfilato la corona delle opportunità perse, secondo lui per colpa di D’Alessio (ex seminario, Istituto Sacro Cuore, Case Operaie, Albergo del Rosario ed inoltre il tentativo scongiurato, da parte della Regione, con D’Alessio consenziente, di espropriare al Santuario due ettari di terreno nell’area meeting). Grandi fermenti tra il pubblico e richieste di prendere la parola. E’ toccato al moderatore, assessore Sabatino spiegare all’Arcivescovo che avrebbe potuto scegliere un momento migliore per un utile chiarimento con l’amministrazione comunale. D’Alessio, da parte sua, si è difeso con pacatezza, spiegando all’Arcivescovo i limiti dei suoi poteri che si fermano rispetto alle prerogative di legge dei dirigenti comunali. Inoltre, ha precisato, riguardo all’Istituto Sacro Cuore, destinato alla clinica privata Maria Rosaria, la Chiesa è stata accontentata con tempestività, relativamente al cambiamento d’uso. Il primo cittadino di Pompei ha anche chiarito la portata del suo recente successo elettorale (67% dei suffragi), mentre nella contrada storicamente abitata dalla camorra (Pontenuovo) c’è stata l’unica sua flessione elettorale (del 11%). Precisazioni presumibilmente derivanti da eventuali pressioni che sarebbero state fatte agli organi di governo per far arrivare la commissione d’accesso a Pompei. Alla fine si è registrato il risvolto burrascoso di un’iniziativa che aveva altro fine: rinverdire la memoria di un personaggio forse ingiustamente dimenticato a Pompei, Monsignor Roberto Ronca, colui che più di tutti, dopo Bartolo Longo, ha apportato cambiamenti alla città. Basti pensare al complesso monumentale della cittadella ecclesiale, comprensiva del maestoso Hotel Rosario, che affaccia su via Roma. Fortunatamente poco dopo gli animi si sono rasserenati. Liberati ha espresso immediatamente la paterna volontà di confrontarsi con sindaco ed amministrazione di Pompei per chiarire i disguidi. “E’ un peccato aver perso tante occasioni – si è sfogato l’Arcivescovo – ci sarebbe stato lavoro per alcune centinaia di pompeiani. – Io tante volte la notte non riesco a chiudere occhio – si è confidato – al pensiero degli impegni economici della Chiesa di Pompei che scadono il giorno dopo”. MARIO CARDONE