Non so a voi, ma a me il momento dei saluti un po’ mi intristisce. Ecco perché l’aria che tira a Castel Volturno, la casa del Napoli, da qualche giorno non mi meraviglia. Siamo alla penultima, contro la Sampdoria di Giampaolo, aspirante successore in panchina, e di Quagliarella, anima napoletana costretta all'emigrazione. Ma in giro c’è solo voglia di cambiare: facce, abitudini, quando non addirittura città e squadra. Il riferimento più naturale, quasi scontato, è a Maurizio Sarri: da lui dipende tutto, la prima mossa influenzerà tutta la giostra che nella prossima estate farà sognare o arrabbiare.

Per ora il desiderio collettivo è di finire in fretta: l’aritmetica non ha ancora chiuso i conti, lascia aperta, almeno per questa settimana, l’ipotesi più suggestiva. In teoria, molto in teoria, in testa alla classifica di serie A ci potrebbe essere quel sorpasso nel quale tutti avevano creduto dopo la fantastica notte vissuta dai napoletani a Torino nel violato Stadium juventino. Ma, senza essere blasfemi, neppure San Gennaro centravanti basterebbe a colmare il distacco in differenza reti. Resta il dovere di non mollare proprio adesso, e il piacere di accorciare la distanza finale dalla Juventus: è stato il campionato più equilibrato della storia recente italiana, già sei punti sembrano troppi per rappresentare la differenza tra la Juventus sette volte campione (un record assoluto) e il Napoli “Grande Bellezza”. Rimarrà nella memoria collettiva il perfetto meccanismo che Sarri ha organizzato in campo: un made in Italy che tutta l’Europa ha apprezzato, come mai era accaduto nel passato.

E i meriti vanno tutti ascritti all’allenatore: suo il merito anche di aver convertito il pubblico, lo ha istruito a uno spettacolo che a Napoli non s’era visto neppure ai tempi di Re Diego. E il riferimento non è assolutamente casuale: proprio Maradona ha pubblicamente ammesso di aver ricevuto da Sarri una straordinaria lezione di umiltà. Successe dopo violente critiche da lui espresse al gioco del Napoli: il Maestro rispose con il silenzio, più efficace di mille prediche.

Più o meno lo stesso trattamento che sta usando con Aurelio De Laurentiis in questi giorni in cui l’overdose di parole rischia di procurare danni irreparabili. Ieri pomeriggio a Capodichino cinque tifosi per caso erano alla partenza della squadra per Genova e il coro muto era tutto per il profeta nato a Bagnoli e arrivato ad allenare quel Napoli che per troppo tempo è apparso poco più di una irraggiungibile meta. Ora nessuno vorrebbe che Sarri andasse via, neppure (o soprattutto) il presidente. Ma alle alternative si deve necessariamente pensare: in prima fila c’è proprio il prossimo avversari, Giampaolo. E, in questa stagione degli incroci impossibili, è un’occasione irripetibile. Divertiamoci ancora, senza tristezza. Gli esami non finiscono mai, per tutti.

(Già direttore di Sky Sport)