A cura della Redazione

Svolta storica in Italia sul tema del suicidio assistito. Mario, un 43enne marchigiano tetraplegico da oltre 15 mesi a seguito di un incidente stradale, aveva chiesto di poter praticare la "dolce morte" per porre fine alle sue sofferenze.

L'ok è arrivato da una commissione di esperti istituita dall'ASUR (l'Azienda Sanitaria Unice Regionale delle Marche) dopo il via libera da parte del Comitato Etico regionaleche aveva valutato le condizioni di salute dell'uomo. La scelta del farmaco e delle modalità erano il tassello mancante rimasto in sospeso. Tassello che ora va a completare il "mosaico" e consentirà a Mario, se e quando lo vorrà, di poter lasciarsi morire.

Il 43enne aveva anche «denunciato lo stesso Comitato e l’ASUR delle Marche per il reato di tortura, oltre che per il reato di omissione di atti di ufficio e tutti gli ulteriori reati collegati che potessero configurarsi, a causa dei continui ostruzionismi e omissioni, che si manifestavano sotto forma di mancate verifiche sul farmaco e le relative modalità di somministrazione», si legge in una nota dell'associazione Luca Coscioni, impegnata per l'introduzione del suicidio assistito in Italia.  

«Sul cosiddetto “aiuto al suicidio”, da oggi in Italia abbiamo non solo delle regole precise, stabilite dalla Corte costituzionale nella “Sentenza Cappato”, ma anche delle procedure e delle pratiche mediche definite che includono le modalità di auto somministrazione del farmaco da parte del paziente», spiegano il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, e la Segretario nazionale, Filomena Gallo, codifensore di Mario nel collegio di difesa composto anche dagli avvocati Massimo Clara, Angelo Calandrini, Cinzia Ammirati, Francesca Re, Rocco Berardo e Giordano Gagliardini.

«La validazione del farmaco e delle modalità di auto somministrazione crea finalmente un precedente che consentirà a coloro che si trovano e si troveranno in situazione simile a quella di Mario di ottenere, se lo chiedono, l’aiuto alla morte volontaria senza dover più aspettare 18 mesi subendo la tortura di una sofferenza insopportabile contro la propria volontà», hanno poi continuato i due dirigenti dell’Associazione Luca Coscioni.

«Sarebbe ora grave se il Parlamento insistesse a voler approvare delle norme - come quella in discussione alla Camera - che restringono, invece che ampliare, le regole già definite dalla Corte Costituzionale. È a questo punto ancora più importante che si possa tenere il Referendum sul fine vita, che consentirebbe di eliminare la discriminazione nei confronti di coloro che devono essere aiutati da un medico per ottenere di porre fine alla propria vita senza soffrire, una possibilità oggi vietata perché si configura il reato di “omicidio del consenziente», hanno concluso Gallo e Cappato.

(foto sito internet Associazione Luca Coscioni)