A cura della Redazione

Duecento militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e dello S.C.I.C.O., sotto il coordinamento della locale Direzione Distrettuale Antimafia, diretta da Giovanni Bombardieri, stanno eseguendo - con il supporto di altri Reparti del Corpo, nelle province di Reggio Calabria, Catania, Messina, Vibo Valentia, Salerno, Milano e Pavia - provvedimenti restrittivi della libertà personale, emessi dalla Sezione G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti di 24 soggetti. Sono 15 quelli finiti in carcere, 9 ristretti ai domiciliari. Le accuse sono di traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Il maxi blitz costituisce lo sviluppo di una precedente operazione - denominata “Magma” - eseguita sempre dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Reggio Calabria e dallo S.C.I.C.O., diretta dalla Procura reggina - che avrebbe consentito di smantellare un noto casato di ‘ndrangheta attivo nella provincia reggina -, e conclusasi nel novembre 2019 con l’esecuzione di 45 misure cautelari personali.

Questo nuovo filone investigativo avrebbe confermato la forza e la capillarità, sia su scala nazionale che internazionale, dei narcos calabresi, che continuano a porsi quali interlocutori privilegiati con le più qualificate organizzazioni mondiali, garantendo una sempre maggiore affidabilità.

La disponibilità di ingenti capitali di provenienza illecita e la spiccata capacità di gestione dei diversi segmenti e snodi del traffico hanno permesso all’organizzazione, che sarebbe stata promossa e diretta da un membro di vertice del citato casato reggino, di consolidare un ruolo rilevante nel narcotraffico internazionale servendosi, tra l’altro, di preferenziali e collaudati canali di approvvigionamento esteri.

Il gruppo criminale, che per comunicare faceva uso di telefoni cellulari criptati, ovvero di cabine telefoniche pubbliche, si interfacciava con differenti organizzazioni aventi le proprie basi operative in Albania ed in Brasile.

Sarebbe stato scoperto che l’organizzazione era in grado di far giungere dal Brasile ingenti partite di cocaina, stoccate in Svizzera, per poi essere trasportate in Lombardia e successivamente cedute ad individuati acquirenti, tra i quali figura un soggetto albanese di particolare rilievo criminale.

L’inchiesta, ancora, avrebbe consentito di evidenziare come la consorteria criminale producesse, in proprio, ingenti quantitativi di cannabis indica curandone i successivi processi di lavorazione (asciugatura, essicazione, pesatura e confezionamento).

Gli indagati, inoltre, al fine di diversificare ed intensificare la fiorente attività illecita, hanno realizzato una coltivazione di marijuana all’interno di una zona rurale del Comune di Candidoni (RC) nella quale sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro 1.227 piante di cannabis, nonché 74 kg della medesima sostanza stupefacente, consentendo l’arresto di due dei responsabili, colti nella flagranza di reato.

La compagine criminale gestiva, inoltre, una consolidata attività di smistamento dello stupefacente attraverso l’impiego di appositi corrieri, sempre pronti a rifornire molteplici “piazze di spaccio”, fungendo da spola tra il territorio calabrese e quello siciliano. In un’occasione, infatti, veniva arrestato, in flagranza di reato, un affiliato in procinto di imbarcarsi per la Sicilia.