A cura della Redazione

Maxi frode al Fisco attraverso fatture false. Sono 10 le persone, domiciliate tra le province di Treviso, Monza-Brianza, Roma e Salerno, indagate dalla Procura di Treviso nell'ambito dell'operazione denominata "Italian drink", relativa a un'associaizione a delinquere dedita alla sistematica evasione fiscale, quantificata in 7 milioni di euro di IVA nel commercio delle bevande.

Le accuse mosse agli indagati sono, a vario titolo, quelle di associazione per delinquere, emissione e contabilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, omessa dichiarazione. Ammonterebbero a oltre 39 milioni di euro le fatture false contestate.

Notificati dalle Fiamme Gialle trevigiane, e dai reperti competenti territorialmente, gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari, atto prodromico alla successiva richiesta di rinvio a giudizio.

Le risultanze investigative derivano dall’analisi di un vasto quadro probatorio, basato su intercettazioni telefoniche e telematiche, segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio, accertamenti bancari, materiale documentale (appunti, agende, manoscritti, scritture contabili, fatture, ecc..) e informatico (chat di WhatsApp, Telegram, messaggi di posta elettronica, contenuti audio e video) sequestrato dai finanzieri del Gruppo di Treviso, con il supporto dei Reparti delle Fiamme Gialle competenti per territorio, nel corso di 44 perquisizioni presso le sedi delle aziende coinvolte, in diverse località del territorio nazionale, tra cui Treviso, Padova, Bergamo, Monza-Brianza, Roma, Rieti, Salerno e Genova.

In base al meccanismo fraudolento portato alla luce, le bevande, di provenienza comunitaria (Bulgaria, Germania, Malta, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna), venivano solo cartolarmente fatte transitare presso imprese “cartiere”, quasi tutte formalmente con sede a Roma, le quali, successivamente, cedevano la merce “sottocosto” alle aziende che avevano originariamente ed effettivamente intrattenuto i rapporti con i fornitori esteri, omettendo però ogni obbligo di dichiarazione e di versamento delle imposte.

Il fulcro della frode è stato individuato in due società, con sede in provincia di Monza-Brianza e Bergamo.

Un ruolo fondamentale all’interno del gruppo criminale, poi, sarebbe stato assunto da tre persone, attive in provincia di Roma, dedite alla costituzione delle imprese cartiere: a loro toccava il compito di intrattenere rapporti diretti con vari professionisti (notai, commercialisti, ecc.) e di collocare le sedi legali prevalentemente presso “mail boxes”; gli stessi provvedevano anche alla ricerca dei vari “prestanome” nullatenenti da utilizzare, dietro compenso, come soci o amministratori delle varie aziende strumentali alla frode. Infine, i tre gestivano, di fatto, in luogo e per conto dei prestanome, i rapporti bancari intestati alle società cartiere.

Le aree geografiche più ricorrenti per il reclutamento degli amministratori/prestanome sono state proprio le province di Roma e Treviso. Il territorio trevigiano, in particolare, è risultato di fondamentale importanza per l’organizzazione criminale, atteso che nella Marca risiedono ben cinque dei ventuno prestanome individuati, oltre al principale reclutatore, anch’egli residente a Treviso.