A cura della Redazione
«Presidente Napolitano, ci aiuti!» Venerdì mattina la giovane vedova Veropalumbo, Carmela Sermino, insieme alla sua piccola Ludovica, parla ai giornalisti, chiedendo aiuto alle Istituzioni, che non si sono ancora preoccupate di intervenire a sostegno di due “donne” sole. “Ho scritto una lettera al Presidente della Repubblica - dice Carmela, con le lacrime agli occhi -; io e la mia bambina siamo state abbandonate. Faccio appello alla sensibilità del Capo dello Stato affinché la mia situazione abbia una soluzione. Certo non chiediamo elemosina ma rivendichiamo il diritto di non sentirci più sole. Io voglio crescere mia figlia seguendo i valori che mio marito ci ha insegnato: lealtà, responsabilità e correttezza. Lui credeva nella rinascita di Torre Annunziata; difatti non ha mai voluto abbandonare la sua città, una città che poi gli ha rubato la vita. Colui che quella notte ha sparato - continua Carmela - deve sapere che non ha ucciso solo Giuseppe, ma una famiglia. Per noi Peppe era un pilastro, un sostegno. E ora chi ci sorreggerà più? La mia famiglia e i conoscenti fanno quel che possono, ma fino a quando possiamo andare avanti così?” Carmela, guardando la figlia che corre per casa con sguardo spento, ha già svariate volte fatto appello alle Istituzioni, le quali però sembrano non interessarsi ancora alla sua condizione di disagio. “Ora con le elezioni e l’ emergenza rifiuti - prosegue la donna - ci hanno messo da parte. Eppure la mia storia non è meno importante di tutto questo. La spazzatura per strada è il risultato di un malgoverno, come lo è anche l’assassinio di mio marito, perché qui a Torre Annunziata lo Stato non c’è, non si fa nulla per evitare queste gesta di balordi che distruggono le persone e la città stessa. Ai funerali di mio marito tutti mi avevano espresso la loro solidarietà; invece solo Amleto Frosi, della Casa della Solidarietà, che mi aveva promesso di pagare l’affitto, ha mantenuto il suo impegno. Anche se per il momento ho abbandonato la mia casa, perché non ho ancora il coraggio di abitarci, di stare sola senza Peppe. Ogni volta che ci ritorno, rivivo la scena di quella notte. Ora però, a distanza di circa due mesi - conclude Carmela - ho bisogno di concretezza, non più di parole; non voglio lasciare la mia città perché è qui che siamo cresciuti ed è qui che Ludovica può vivere i ricordi di suo padre, conoscendolo attraverso i racconti di chi l’ha conosciuto”. L’appello di Carmela è il grido di una vedova che non si rassegna alla morte di suo marito, ma è soprattutto il grido di una madre disperata che non sa come crescere sua figlia. Non chiede l’impossibile, ma solo un lavoro che le permetta di garantire un futuro a Ludovica, una bimba a cui è stato tolto il diritto di avere un padre, ma che almeno deve avere il diritto di vivere o, come dice Carmela, di “sopravvivere”. Intanto attestati di solidarietà arrivano alla giovane vedova da fuori Torre. Aziende di Napoli, Roma e Milano hanno risposto all’appello di Carmela. L’auspicio è che quanto prima alle buone intenzioni corrispondano atti concreti. ENZA PERNA