A cura della Redazione
«La problematica legata al depuratore Foce Sarno gode di una scarsa attenzione da parte dell’opinione pubblica torrese». Francesco Alessandrella, uno dei promotori del neonato movimento “Oplontiamo”, introduce l’assemblea pubblica tenutasi lunedì scorso presso i locali del Caffè Letterario Nuovevoci di via Gambardella. Un incontro interessante sull’inquinamento del fiume Sarno e sulle conseguenze che ciò provoca sull’ecosistema del nostro territorio. «Occorrerebbe mobilitarsi come hanno fatto i cittadini di Boscoreale e Terzigno contro la discarica del Parco Nazionale del Vesuvio. Insistere nel chiedere chiarimenti e spiegazioni. Purtroppo non è così», conclude Alessandrella. L’assemblea è stata indetta dal sindacato Usicons federato all’Unione Sindacale Italiana, rappresentato dal segretario provinciale Carlo Carotenuto. «Siamo qui per dire finalmente la verità sulla questione legata al depuratore Foce Sarno - ha spiegato - e su altri aspetti che vanno a ricollegarsi ad essa. Ad esempio il ponte di via Sepolcri. In questi mesi sono state dette tante cose, molte delle quali fuorvianti. E’ giunto il momento di fare chiarezza su questa delicata faccenda». Nel corso di questi anni, TorreSette ha più volte trattato l’argomento, soffermandosi anche su una storia che ha dell’incredibile. Angelo Arpino era un dipendente torrese della T.M.E. SpA, società che gestisce il depuratore Foce Sarno ubicato nell’area CMI di Castellammare di Stabia. Nel 2007 denunciò gli scarichi illegali di percolato a mare che avvenivano attraverso l’impianto. «In qualità di sindacalista - racconta Arpino - ero diventato il punto di riferimento dei cittadini e spiegavo loro il funzionamento del depuratore e le eventuali disfunzioni. Anche tra i colleghi cominciava a serpeggiare qualche perplessità. Alcuni di loro accusavano malori dovuti alla presenza di sostanze di dubbia provenienza. Solo dopo mi resi conto che si trattava di percolato. L’impianto, d’altronde, non era munito di pretrattamento del percolato e le analisi del materiale venivano svolte da laboratori esterni. Stranamente, i valori rientravano sempre nei limiti. Iniziai così a chiedere spiegazioni all’azienda. I residenti della zona cominciarono a protestare rivoltandosi contro la società. Da allora è iniziata la mia odissea». Il 4 settembre 2007 Arpino fu licenziato per “aver violato i più elementari doveri di fedeltà e diligenza facendo affermazioni pregiudizievoli dell’immagine dell’azienda” e per aver diffuso false notizie alla stampa. Reintegrato da una sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, la T.M.E. si è sempre opposta al suo rientro, licenziandolo nuovamente. Dopo qualche anno la Magistratura napoletana avvia un’inchiesta sugli scarichi abusivi in mare, che porterà all’arresto di quattordici persone e al coinvolgimento di altre cinquantaquattro. Insomma, i giudici hanno, per certi versi, dato conferma alle denunce fatte da Arpino molto tempo prima. La storia del depuratore Foce Sarno è, però, alquanto intricata. Sono svariati gli Enti coinvolti: Regione, Provincia, Anas, Autorità di Bacino, Comuni del Sarno. A ciò si aggiunge il fatto che «l’impianto - sottolinea ancora Carlo Carotenuto - non è a norma e, nel migliore dei casi, funziona solo parzialmente rispetto alla sua portata. Inoltre, il fangodotto realizzato per lo smaltimento dei fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue e dei rifiuti, costato 25 miliardi delle vecchie lire, non è entrato mai in funzione. Senza considerare, poi, il fatto che le mandate (ovvero le stazioni di sollevamento delle acque nere che servono i collettori, ndr), in totale sei tra Torre Annunziata e Castellammare di Stabia, non sono funzionanti». Per ovviare a tutto ciò, il Commissario Straordinario per l’Emergenza Sarno, generale Roberto Jucci, ha annunciato la riconversione dell’impianto da chimico-fisico a biologico, per adeguarlo alle normative vigenti. Nell’attesa che ciò si realizzi, i reflui continuano ad essere sversati tal quale nelle acque, nella maggior parte superficiali interne e costiere, antistanti i litorali torrese e stabiese. Con un impatto ambientale a dir poco devastante. Basta farsi un giro nei pressi di Capo Oncino, nella zona del porto di Torre Annunziata o della Salera e del Mappatella, per accorgersi degli sversamenti di liquami che avvengono in spregio alle più elementari norme ambientali. E pensare che, nelle vicinanze degli sbocchi, c’è ancora gente che pesca e fa il bagno! Al depuratore Foce Sarno si lega, inoltre, il destino del ponte di via Sepolcri, abbattuto nel 2006 a causa dei lavori della terza corsia dell’autostrada A3 Napoli-Salerno e, da allora, mai ricostruito. Negli ultimi tempi, esponenti politici regionali hanno più volte dichiarato l’imminente riapertura della strada con annessa posa del ponte. Le scadenze fissate sono state quelle del 31 marzo (già abbondantemente trascorso) e dell’estate ormai alle porte (attendiamo fiduciosi!). La storia è arcinota. Affinché si realizzi il ponte, bisogna allacciare prima il collettore fognario al depuratore di Castellammare di Stabia. Una volta entrato in funzione il collettore, l’Anas potrà installare il ponte. Il vecchio sistema fognario, un tratto del quale attraversa la corsia autostradale ad appena due metri di profondità, verrà definitivamente soppresso e, quindi, non dovrebbe esserci alcun problema per la messa in opera della struttura ad un’altezza di 5 metri e 80 centimetri dal suolo, come stabilito dalla legge. Questi sono i vari passaggi temporali utili a risolvere la questione. «Non credo che ciò possa concretizzarsi nell’arco di qualche mese - afferma ancora Carotenuto -. Escluderei che il ponte possa essere installato entro l’estate. Bisogna ancora risolvere la questione legata alla pulizia del condotto fognario di Boscotrecase (compito avocato a sé dalla societa Autostrade Meridionali, ndr) e le eventuali rimostranze dei residenti della zona, legate alla possibilità che i lavori intacchino le loro abitazioni. Le dichiarazioni rilasciate in questi mesi sono solo propaganda. L’unico modo per ottenere qualche risultato è quello di mobilitarsi, presidiare la zona di via Sepolcri giorno e notte, rompere le scatole. I cittadini sono stanchi di false promesse. Vogliono atti concreti. Bisogna insistere - conclude il sindacalista - per affermare il sacrosanto diritto di un’intera città a riappropriarsi di una strada cruciale per i collegamenti con i Comuni vesuviani». DOMENICO GAGLIARDI (dal settimanale TorreSette del 13 maggio 2011)