A cura della Redazione
La settimana appena trascorsa ha visto riemergere il pericolo legato alla convivenza con il nostro vulcano. Ad alimentare paure infondate tra la popolazione ha contribuito in modo esponenziale la notizia di un evento sismico avvenuto a quota ipocentrica, sul complesso Somma-Vesuvio, la mattina del 12 febbraio scorso. La scossa, di magnitudo inferiore ai 2 gradi - 1,8 per la precisione - della scala Richter, definita strumentale in quanto registrata solo dalla strumentazione d’osservazione di tali fenomenologie, non è stata avvertita dalla popolazione. Sottolineato ciò, non dobbiamo dimenticare che il Vesuvio è un vulcano attivo. La manifestazione di scosse telluriche di piccola intensità, come questa che abbiamo voluto annotare e che è stata la causa scaturente di un allarmismo generale, ripeto, infondato, rientra in un contesto normale legato alle attività endogene del vulcano. Consultando la banca dati, disponibile online, dell’Osservatorio Vesuviano notiamo che il sisma non è altro uno degli ultimi di una serie di avvenimenti del genere, cinque in tutto dall’inizio dell’anno corrente, tutti di intensità inferiore ai 2 gradi, i quali non rappresentano alcuna particolarità eccezionale oltre quella normale vesuviana che, d’altronde, è ben monitorata e sorvegliata. C’è da dire anche che ad alimentare qualche preoccupazione giungono notizie di dubbio gusto che da tempo circolano sui social network, che annotano un imminente risveglio catastrofico della nostra montagna. Tale attività informativa distorta mira ad attirare verso siti internet «dubbi» dove l’unico scopo è quello di “vendere” consensi con gli accessi ai portali e far visionare locandine pubblicitarie. In merito è intervenuto con un comunicato stampa anche il Capo Dipartimento della Protezione Civile, il quale invita a non prendere in considerazione le notizie divulgate in rete da sedicenti istituti universitari che «speculano» sullo stato attuale del Vesuvio. Nel caso si vorrebbe approfondire le informazioni dettagliate in merito al rischio vulcanico vesuviano, il Capo del Dipartimento invita a consultare il sito istituzionale della Protezione Civile e quello dell’Osservatorio Vesuviano, dove peraltro è disponibile on line la rete di monitoraggio h 24, oppure il sito dell’INGV (Istituto Nazionale Geofisica e Vulcanologia). A parte questo, la nostra montagna è lì che riposa tranquillamente fin dal suo ultimo sussurro avvenuto nel marzo 1944, e ad oggi non esprime nessun cenno, fortuna per noi, a volere interrompere il suo sonno senza manifestare dovuti, quanto normali, avvisi che farebbero premonire ad un’eruzione. A ciò, però, non dobbiamo dimenticare dove abitiamo e i pericoli ai quali saremo esposti in caso di risveglio del vulcano. Il 14 febbraio scorso, l’ex Presidente del Consiglio dei Ministri, prima di lasciare il suo incarico, ha siglato l’aggiornamento del piano di emergenza per il rischio vulcanico del Vesuvio, che prevede una nuova definizione della cosiddetta «zona rossa», l’area soggetta all’invasione dei flussi piroclastici, e della «zona rossa 2», area soggetta ad alta probabilità di crolli e importanti accumuli di materiale piroclastico. Inoltre, si è provveduto a rivedere e ridelineare i gemellaggi tra le regioni italiane e i 25 Comuni che rientrano nell’area a rischio vulcanico, che in caso di eruzione dovranno raggiungere le regioni ad essi assegnati. Quanto detto ci deve ben far capire la natura del nostro territorio. Ognuno di noi deve essere ampiamente consapevole, ma non preoccupato, di convivere, e non vivere, assieme ad una montagna viva la quale va rispettata, come tutto ciò che esiste sotto di essa, e non solo temuta. VINCENZO MARASCO (dal settimanale TorreSette del 21 febbraio 2014)