Oggi è San Luigi, occasione per festeggiare l’onomastico riservata ai tanti (e alle tante Luisa) che portano questo nome. Una festa che Gino Marciano, ginecologo notissimo a Torre Annunziata dopo decine di anni di professione e il ruolo di primario nell’Ospedale di Boscotrecase, non potrà onorare. Lo ricorda per Torresette Massimo Corcione che con Gino condivise quella parte di vita dove si formano i nostri destini.
«Che squadra quella squadra. Si giocava a memoria, senza paura di sbagliare. Andava tutto bene, a tutti. Il capitano era Salvatore: a 22 anni aveva già disegnato i contorni del suo futuro, era salito sul podio tra gli ammessi all’orale del concorso per entrare in magistratura; poi c’era Gino che aveva appena trovato la chiave per far coincidere la passione appena scoperta per la medicina con l’idea sempre coltivata di esercitare un lavoro concretamente utile per gli altri; infine noi due, Toni e Massimo, i ragazzini troppo alti per essere considerati solo delle mascotte, anche allora che eravamo stati adottati dal gruppo.
La squadra si era formata spontaneamente sul finire dell’estate, l’aggregazione era stata favorita da qualche passione selettiva come il cinema e i discorsi sulla teoria della politica. Per fortuna c’era Gino, prontissimo a farci tornare sulla Terra quando il tono della discussione ci allontanava pericolosamente dalla cruda realtà. Il dottore si trasformò presto nella guida alla scoperta del mondo: con lui andammo a provare le tentazioni della Riviera romagnola, ma prima ancora aveva tentato di svelarci i segreti della sala settoria, il luogo di iniziazione verso i misteri del corpo umano. Quell’odore fortissimo che si sentiva nelle sale del vecchio Policlinico riempiva le narici e aumentava la paura. Ma, attraverso la mediazione del nostro Caronte, tutto diventava finalmente comprensibile, più chiaro anche delle semplificazioni proposte da Check Up, la bibbia televisiva della divulgazione medica.
Segreto dietro segreto, fu una conquista collettiva che rafforzò l’amicizia e rese la nostra vita meno complicata. Poi, come capita spesso quando si è molto giovani (e noi eravamo giovanissimi) le strade si allargarono e i nostri percorsi si distanziarono. Ma non ci perdemmo di vista, restammo tutti tifosi di tutti: la corsa alla laurea del futuro medico aumentò un senso diffuso di sicurezza in ognuno di noi, nessuno ebbe dubbi nell’affidargli il sogno di maternità delle mogli, le stanze della clinica delle Due Torri hanno ospitato la gioia di famiglie che si popolavano. Gino per sé riservava il ruolo più discreto, eppure rassicurante.
Sono ricordi ormai lontani, riemersi quando la notizia che nessuno allora avrebbe potuto prevedere ci ha investito: Gino è morto, tre parole, tre suoni flebili che hanno attraversato gli spazi infiniti. Riportandoci tutti a una realtà che forse avevamo provato a cancellare. Era tanto tempo che non lo si incontrava più per via Gambardella, vicino a casa sua, o a via Fusco, nel palazzo dove oggi abita Valeria, la sorellina diventata il riferimento familiare più importante. Erano le sue strade, quelle che lo hanno visto bambino, poi studente, infine medico e padre di Benedetta, la figlia nata dal matrimonio con Clelia. Non c’è stato manco il tempo per dirgli bentornato alla vita. La vita non c’era più. Oggi sarebbe stato il suo onomastico. Quante occasioni abbiamo sprecato, Gino».