A cura della Redazione

Pochi sanno che il primo convenience store italiano è stato presentato a gennaio 2009 in occasione della 5° edizione di MARCA by Bolognafiere, una manifestazione rivolta al mondo della marca privata.
Nell’ambito dell’edizione 2009 di quest’evento, il prodotto alimentare di marca è stato analizzato contestualizzandolo nei moderni stili di vita degli italiani, sicuramente diversi rispetto al passato, in cui il fattore tempo è prioritario. Laddove la pausa pranzo è ridotta a poche decine di minuti, il numero dei single è in aumento e la figura della donna/massaia è solo un ricordo, il momento del pasto deve necessariamente essere breve e soddisfatto con prodotti “salva tempo” già pronti, facili da preparare e da poter consumare nello stesso locale in cui vengono acquistati.
Il concetto è chiaramente mutuato dalle abitudini americane e di altri Paesi europei che sono arrivati prima di noi a ritmi di vita frenetici, ma è stato adattato alle abitudini alimentari nostrane e alle esigenze di consumare un “pasto all’italiana”  anche se di corsa. Le nostre aziende alimentari si sono dimostrate all’altezza della nuova situazione, riuscendo a proporre piatti a base di pasta, secondi già pronti, pizza, piatti unici a base di insalate, frutta già lavata e tagliata che sembrano soddisfare a pieno le esigenze dei consumatori.
Dal punto di vista della ristorazione, più rispondente al concetto sono quelli che potremmo definire “transit store”, punti vendita accessibili facilmente in luoghi di passaggio come stazioni ferroviarie, metropolitane, aree di servizio. Ad essi si è aggiunto più di recente un nuovo luogo destinato al consumo veloce, che si sta diffondendo in Italia attraverso alcune catene di supermercati di marchi non italiani, presenti sul nostro territorio. Per meglio comprendere di cosa si tratta può essere indicativo l’esempio della catena Carrefour, che sta destinando un’area attrezzata all’interno del supermercato,  in cui chi fa la spesa può fermarsi a mangiare un boccone scegliendo tra ciò che è disponibile nei banchi frigo o tra i pasti caldi pronti serviti da personale addetto in pratici contenitori monouso.
Siamo comunque  ancora lontani dal concetto di “convenience store” e più ancora di negozio automatico.
La nostra idea è che il percorso compiuto in Italia sia diverso da quello degli altri Paesi, in particolare da quello americano,  e abbia seguito un itinerario probabilmente opposto rispetto a quello estero.
Crediamo che mentre altrove si sia proceduto ad automatizzare  il negozio tradizionale, in Italia si è reso negozio la distribuzione automatica. Ciò è avvenuto nel momento in cui ci si è resi conto di trovarsi di fronte a un canale adatto alla vendita  di ogni tipologia di prodotto, moderno e apprezzato dai più giovani, facilmente implementabile con le nuove tecnologie, gestibile senza personale interno, e dunque più economico e adeguato ai ritmi di vita del consumatore dei nostri giorni.

Perché allora non c’è stato ancora il boom di questo format, che spesso si è rivelato un’esperienza fallimentare e deludente?
Riteniamo che sia stata determinante e non corretta l’impostazione data al concetto di negozio automatico da chi in un primo momento l’ha lanciato sul mercato. Proponendolo come un “nuovo business”  del franchising, alla stessa stregua delle catene dei negozi tradizionali, lo shop automatico è stato presentato come un lavoretto facile e alla portata di chiunque volesse lanciarsi in un’attività in proprio impegnando un capitale minimo.
La chimera è crollata quando l’improvvisato gestore si è trovato di fronte a problemi di approvvigionamento e stoccaggio della merce, ad inconvenienti tecnici, a bassi consumi dovuti ad errata scelta della locazione e, peggio ancora, al venir meno del supporto da parte del franchisor.  La verità è che la gestione di un servizio automatico implica professionalità, preparazione e conoscenza delle dinamiche e delle problematiche del settore.
Sembra che questa consapevolezza stia apportando un reale cambiamento e che il negozio automatico si stia finalmente affermando come canale integrativo e/o sostitutivo del retail, capace di cambiare le stesse logiche che regolano la vendita nella grande distribuzione organizzata. Ciò è avvenuto grazie alle competenze apportate dai gestori professionisti che, appropriandosi del format,  hanno inserito gli shop automatici nel proprio business e ci si dedicano seguendo specifiche procedure  mutuate dalle regole di gestione del vending tradizionale, di cui hanno profonda conoscenza.