A cura della Redazione

Il  mercato della distribuzione automatica in Cina è promettente e in crescita.
Il vending in Cina migliora di anno in anno, proprio com’è successo 15-20 anni fa nei Paesi più sviluppati dell’Occidente.
Ad oggi sono presenti circa 100.000 distributori automatici in tutta la Cina continentale. Le regioni a maggiore concentrazione si trovano attorno a metropoli come Shangai, Pechino e Guangzhou, alle città di dimensioni medio-grandi sul delta del Fiume Azzurro e del Fiume delle Perle e alle città costiere del Mar Cinese Orientale.
Lo sviluppo significativo del settore cinese del vending è iniziato soltanto con le Olimpiadi di Pechino del 2008 e la World Expo Shangai del 2010. I distributori automatici posizionati nelle strade commerciali e nelle aree pubbliche rappresentano l’alto livello di civilizzazione delle città moderne. Prima della World Expo Shangai del 2010, c’erano circa 50.000 distributori in tutto il Paese. Dopo questo evento, il numero di distributori è raddoppiato.

Al momento, l’operatore principale del vending in Cina è Beijing Ubox Science & Trading, che per praticità chiameremo d’ora in avanti Ubox.Ubox possiede distributori nuovi, evoluti, collegati a internet, che accettano diversi metodi di pagamento come monete, banconote, carte di debito e di credito, o borsellino elettronico. Fondata a Pechino nel 2010, Ubox è di fatto un’azienda neofita, senza alcun background nel vending, che ha individuato in questo settore una grande opportunità. È significativo che questa azienda stia provando a rivoluzione il vending tradizionale mediante un concetto preso in prestito da altri settori industriali, la tecnologia wireless e Internet. Dal punto di vista di Ubox, un distributore automatico non è soltanto una macchina per la vendita al dettaglio, ma anche un terminale self-service e una piattaforma di e-commerce basata sul wireless e su internet. Ubox ha inserito nei distributori automatici una serie di applicazioni della tecnologia mobile e della tecnologia a codici bidimensionali (QR Code) e incoraggia i consumatori ad usare lo smartphone per comunicare con i distributori automatici ed effettuare ordinare, acquistare e farsi consegnare i prodotti desiderati.

Inoltre, Ubox ha sviluppato in proprio uno speciale ed economico sistema di vendita costituito da un dispenser diviso in scomparti chiusi da un vetro illuminato e contenenti ognuno un’unità di prodotto in vendita. Il consumatore può prelevare il prodotto scelto, una volta completato l’acquisto attraverso il proprio smartphone, operazione che abilita l’apertura dello scomparto in cui quel prodotto è contenuto.
Come operatore del vending, Ubox cerca nuovi sistemi per accrescere il fatturato, completamente diversi da quelli del vending tradizionale. Le entrate dell’Azienda sono così ripartite: 20% vendita prodotti; 30% pubblicità; 50% e-commerce.
L’esempio di Ubox ha fatto scuola in Cina ed è stato di notevole impatto sull’industria del vending, tant’è vero che molti altri operatori lo hanno seguito. Per prepararsi ai futuri sviluppi, alcuni di essi hanno persino cambiato il nome della propria società, togliendole la stretta connotazione di “vending company” e trasformandola in compagnia attiva nei servizi tecnologi informatici.
Ubox prevede di incrementare il numero di distributori automatici intelligenti fino ad arrivare alle 100.000 unità entro il 2015, in modo da creare un network tra le città grandi e medie della Cina continentale.

In Cina vi sono anche alcuni operatori stranieri che hanno investito nel vending, molti dei quali sono giapponesi o joint-venture sino-giapponesi, come Shanghai Miyuan Beverage, Dydo Drinco, Shanghai Dongyuan Electronic Machinery, TKB ed altri.
Il più grande è Miyuan Beverage, che ha la sua sede a Shangai dal 2003. Vi lavorano circa 1.000 addetti che gestiscono oltre 12.000 distributori automatici collocati prevalentemente a Shangai e nelle città limitrofe.
La chiave del successo degli operatori del vending giapponesi entrati nel mercato cinese sta nell’essersi stabiliti sul territorio attraverso joint-venture, nella creazione di filiere di approvvigionamento autonome e nel puntare ad aziende cinesi collegate al Giappone.