A cura della Redazione

Il 23 novembre 1980 il terremoto sconvolgeva la Campania e il Sud. La scossa iniziò alle 19,35 e fu un incubo lungo 90 interminabili secondi. In quell’eterno minuto e mezzo crollarono edifici, le auto furono seppellite dalle macerie, molte persone morirono di paura. Poi una serata e una notte infernali. La Campania e la Basilicata furono le regioni più colpite, centinaia i morti, migliaia i feriti ed i senza tetto.

La scossa - fra il nono ed il decimo grado della scala Mercalli, 6,8-6,9 della scala Richter - ebbe il suo epicentro tra Campania (principlamente l'Irpinia) e Basilicata (il Potentino). Comuni come Lioni, Sant’Angelo dei Lombradi, Calabritto, Conza della Campania, Teora, San Mango sul Calore - prossimi all'epicentro - furono praticamente rasi al suolo.

A Napoli, nel quartiere di Poggioreale, un palazzo di nove piani si sbriciolò, un allucinante ammasso di macerie che seppellì decine di persone.

Alla luce dellefotoelettriche si cominciò immediatamente a portare soccorso a quelli che, sotto le macerie, chiedevano aiuto e, purtroppo, i Vigili del Fuoco cominciarono anche a tirar fuori i primi cadaveri.

Nel carcere di Poggioreale i detenuti si riversarono fuori dalle celle sfondando i cancelli dei padiglioni e si ammassarono nei cortili.    

Quel pomeriggio, in una Lancia Beta posteggiata sul lungomare di Napoli, si stavano dando prova d’amore due fidanzati. Rimasero schiacciati dalle macerie dei palazzi.

Il terremoto fece vittime anche nella penisola sorrentina, a Castellammare, a Frattamaggiore, a Torre del Greco.

A Torre Annunziata, la scossa lesionò alcune case che nei giorni seguenti furono abbattute. Molti terremotati rimasero a far la guardia alle macerie, lì sotto avevano tutto, i pochi soldi, i pochi oggetti d’oro, i loro strumenti di lavoro.

La città oplontina contò un’unica vittima, a causa di un infarto, e 51 feriti. Si calcolò nei giorni seguenti al sisma che circa il 4 per cento delle abitazioni torresi risultarono distrutte e circa 110 edifici ne vennero fuori parzialmente crollati.

Continuando con la conta dei danni, nella totalità, 850 edifici risultarono gravemente lesionati di cui 270 dichiarati inagibili. La maggior parte dei danni si ebbero nella zona sud della città, in quel tessuto urbano abitato per lo più da povere famiglie. Il Quadrilatero delle Carceri, già seriamente danneggiato dalle conseguenze dello scoppio dei carri ferroviari del '46, subì un ulteriore duro colpo.

Alle prime opere di soccorso dei militari della Fabbrica d’Armi, ben presto si unirono i volontari delle associazioni locali, tra cui anche quelli dell’Archeoclub che si impegnarono per la distribuzione di viveri e coperte per gli sfollati. A provvedere alla carenza di viveri in città, diedero man forte, inoltre, gli stabilimenti della Dalmine, Deriver e Ciba-Fervet che misero a disposizione le loro mense aziendali.

A far visita ai terremotati - soprattutto quelli dell'Irpinia - giunsero l'allora Papa Giovanni Paolo II, il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, vennero tutti i segretari dei partiti e ministri.

Nelle prime ore dopo il sisma si cercò di misurare l'entità della catastrofe. Solo la mattina del 24 novembre, un lunedì, si constatò che la scossa era stata di proporzioni immani.

Nei giorni seguenti la vita tornò man mano alla normalità, ricominciava.

Le vittime di quella tragedia furono in totale 2.998.

(articolo realizzato da Anna Aricò e Vincenzo Marasco)

(foto Archivio Marasco)

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