«Siamo aperti al confronto con l'Amministrazione comunale di Torre Annunziata, non solo nell'interesse dell'azienda ma anche dei lavoratori e dei pazienti». In una nota, la proprietà del CMO manifesta la sua volontà di continuare ad interloquire con il Comune per la soluzione di una vicenda che, accanto ad aspetti tecnico-giuridici, vede soprattutto implicati i destini di 70 lavoratori, a rischio licenziamento dopo la chiusura della Medicina Nucleare per presunti abusi edilizi. Motivo per il quale a marzo otto indagati, tra cui anche tre tecnici comunali, andranno a processo.
Nei giorni scorsi, abbiamo assistito ad un botta e risposta, sempre a mezzo comunicati, tra l'Ente e gli imprenditori a capo della struttura sanitaria di via Roma. Con quest'ultimi che chiedono il dissequestro dei locali e in particolare «la revoca del provvedimento di acquisizione a patrimonio comunale dell’immobile ospitante l’attività di Medicina Nucleare che, secondo il parere di esperti di rilevante portata, risulterebbe essere assolutamente illegittimo ed arbitrario»; manifestando inoltre la «delusione che, in momenti molto difficili, è giusto esternare» per non vedersi accolta dall'Amministrazione oplontina la richiesta di concessione in sanatoria e quella di revoca del provvedimento di cui sopra. Dall'altro lato, il Comune, precisando la sua posizione avallata da sentenze della magistratura, è intenzionato a fare tutto il possibile - nei limiti del rispetto delle norme - per tutelare i dipendenti.
«Riteniamo che la Pubblica Amministrazione non debba aspettare provvedimenti giudiziari per correggere evidenti errori, con l’istanza del 19 luglio, ravvivata in più successive note, abbiamo richiesto la revoca di quel provvedimento - si legge nel comunicato del CMO. Non abbiamo ricevuto alcun riscontro, se non leggere in un comunicato stampa, arricchito di un riferimento giurisprudenziale, la pretesa conferma della bontà del provvedimento adottato. Riteniamo che la sentenza del Consiglio di Stato, alla quale fa riferimento il Comune, non c’entra nulla con il nostro caso: la vicenda del CMO infatti riguarda un’abnorme acquisizione di un intero immobile, per di più in presenza della richiesta dell’azienda di demolire gli abusi contestati, ed essendo gli stessi sub iudice».
Infine, l'apertura al dialogo. «Sarebbe stato meglio che, conseguentemente alle nostre istanze, ci fosse stato un confronto, dando l’opportunità ai nostri consulenti ed a quelli dell’Amministrazione comunale di discutere e trovare soluzioni, nell’interesse non solo dell’azienda, ma anche dei lavoratori e dei pazienti. In ogni caso, l’impegno finale contenuto nel comunicato stampa del Comune, e cioè di valutare altre possibili ipotesi procedurali che possano portare alla soluzione del problema, ci lascia uno spiraglio di fiducia», conclude la proprietà del CMO.
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