A cura della Redazione

A vederlo sembrava “distante” con quella sua figura alta, snella, dinoccolata. Un attore americano delle pellicole – così i nostri genitori definivano i film – degli anni sessanta. Quelli della sua infanzia. Come di tanti di noi. Con le sale cinematografiche dense di fumo, ma anche di persone. Uno di quegli attori dalla recitazione misurata ai quali solo le rughe degli anni avevano finito per conferire intensità di vita. Ma a scambiarci due parole – e non era certo difficile – ti accorgevi che quel signore così “aristocratico” d’aspetto era della tua stessa terra.

Una terra difficile ma capace di generare persone alte e dinoccolate, dalle lunghe mani affusolate. Le stesse che con maestria – la maestria ineguagliabile dei tipografi - confezionavano i pacchi delle stampe da consegnare. Con i capelli tirati all’indietro. Come un attore americano degli anni sessanta. L’orgoglio di appartenere ad una comunità, di essere parte di uno stesso territorio, si nutre di ricordi, tradizioni, memorie.

Don Antonio è un frammento eterno di questa storia che è quella semplice e inestinguibile dei luoghi abitati da persone e solo per lasciarli ad altre persone. Anche senza nessuno in chiesa, ci saranno tanti con lui e i suoi familiari. E io con loro. Una folla di silenzio. Per rispetto. Per affetto. 

FELICIO IZZO