A cura della Redazione

Nel giorno della ricorrenza del 25 Aprile, Festa della Liberazione, non possiamo non ricordare due eroi della Resistenza: Rocco Caraviello di Torre Annunziata e sua moglie Maria Penna, di Benevento.  Lui assassinato dalla banda fascista del capitano Mario Carità, con un colpo alla nuca, il 19 giugno 1944, vicino piazza della Signoria, a Firenze. Lei torturata nella famigerata Villa Triste, poi uccisa, il 21 dello stesso mese, e il suo corpo fu ritrovato sul greto del torrente Terzollina, a Serpiolle, sempre nel capoluogo toscano, dove ancora oggi c’è un monumento che la ricorda. 

A Rocco è intitolato lo slargo tra via Nicola Salvatore Dino e via Epitaffio, vicino allo stadio Giraud di Torre Annunziata, ed a entrambi la sezione torrese dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), in via Gambardella. Ma i loro nomi sono riportati anche sulla lapide presente all’interno della sede del comune di Firenze, a Palazzo Vecchio.

E non dimentichiamo il cugino di Rocco, Bartolomeo Caraviello (nato a Boscoreale il 13 novembre 1913) che, per aver cercato di salvare Maria dalle mani della sanguinaria banda Carità, fu torturato e fucilato insieme a lei nello stesso giorno. 

A tutti e tre l’Amministrazione comunale di Torre Annunziata, nel trentesimo anniversario della Liberazione, nel 1975, assegnò la medaglia d’oro alla memoria. (Rocco Caraviello e Maria Penna, i partigiani torresi che difesero Firenze dai nazifascisti di Salvatore Cardone)

A Rocco e Maria Penna Caraviello

Chissà da quale folla di pensieri si sarà fatto largo ultimo, quale baluginio, fiammella di estremo ricordo, ne avrà attraversato la mente, e che  parole, oramai prossimi ai confini del nulla, le loro labbra avranno sommessamente pronunciato o,  lacerando l’aria, urlato al cielo.  Come immaginare la lenta, cadenzata consapevolezza di quegli ultimi passi verso la morte, l’incedere di Maria tra sentieri ombrosi di alberi, sul grigio e  duro selciato fiorentino Rocco. Sarà stato in un umido mattino di brume o sotto un trionfante azzurro  di luce?  

Poi il risuonare secco di un ordine, lo scatto metallico degli otturatori, il crepitio come di fuochi d’artificio, simili a quelli uditi tante volte alla festa della Madonna della Neve, nel nativo paese affacciato sul mare,  lasciato per una nuova speranza di vita da tessere con i quattro figli in quel di Firenze.

Infine l’attesa e non più temuta unghiata dilaniante del piombo a smorzarne la vita, ma tuttavia incapace di penetrare  nel dominio dell’animo, in quella zona inviolabile dove non ha posto la paura della morte, “una regione di libertà serena  dove nessun tiranno può penetrare e comandare: una forza di resistenza morale che nessuna tortura può stritolare...”. (Piero Calamandrei).

Donati alla gloria della memoria che non si sfalda, Rocco  e Maria Penna Caraviello, costruttori di libertà, quella vera, a partire dalla nostra. (Biagio Soffitto)