A cura della Redazione

«Sono esterrefatto della decisione dei giudici di condannarmi a quattro anni e due mesi per gli episodi legati alla partita di calcio Turris-Ebolitana del gennaio 2011, fatti contestati dei quali non smetterò mai di dire di essere completamente estraneo».

A parlare è Pasquale Brancaccio, coinvolto nel processo per i disordini avvenuti durante e dopo il derby del campionato di serie D 2010/2011 e oggi condannato in primo grado – insieme ad altri nove tifosi di entrambe le squadre – a quattro anni e due mesi di reclusione. Brancaccio, oggi impegnato in politica e consigliere comunale a Torre del Greco (dove è capogruppo della lista Borriello Sindaco, la civica che porta il nome del primo cittadino). E proprio il ruolo ricoperto a palazzo Baronale è al centro di una prima riflessione: «È giusto ricordare – afferma Brancaccio – che all’epoca dei fatti non solo non ero consigliere comunale ma addirittura nemmeno impegnato in politica, se non come appassionato e semplice simpatizzante. Per questo, il costante riferimento al mio attuale ruolo istituzionale è da ritenersi quantomeno fuori luogo».

Infine la tesi difensiva: «Insieme al mio avvocato, Michele Polese, che ringrazio per la professionalità che ha sempre dimostrato in tutta questa vicenda, valuteremo la ragioni del ricorso in Appello. Aspettiamo le motivazioni, che saranno depositate entro 90 giorni, per capire come si sia arrivati a una condanna così pesante per i reati a me contestati, che sono di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Allo stesso tempo ribadiremo, ed è poi la verità, che mi trovai al centro di una contesa tra tifosi e forze dell’ordine solo perché mi ero recato in quello stesso frangente a recuperare il motorino parcheggiato in zona e che non ho mai, e sottolineo mai, partecipato a eventuali scontri. Una tesi del resto suffragata dal fatto che contro di me non ci sono né foto, né tantomeno altre prove che possano dimostrare il contrario. Continuo ad essere fiducioso nella magistratura e sono sicuro che alla fine la giustizia non potrà che fare il suo corso naturale».

(comunicato)