A cura della Redazione

Bisognerà attendere ancora una settimana, fino al ottobre, per conoscere la sentenza di primo grado del processo a carico di Antonio Ascione, l'uomo che uccise nel luglio 2017 la ex moglie Maria Archetta (Mariarca) Mennella, 38 anni. Nel pomeriggio di oggi, giovedì 27 settembre 2018, al Tribunale a Venezia, dopo un''udienza durata oltre tre ore, il giudice Massimo Vicinanza ha concesso un rinvio breve, appunto a giovedì 4 ottobre, per le repliche delle parti, che probabilmente non ci saranno, e per la lettura dell'atteso verdetto (l'imputato ha richiesto il rito abbreviato).

Il Pubblico Ministero, Raffaele Incardona, ha chiesto l'ergastolo per l'imputato reo confesso dell'ennesimo femminicidio, contestandogli l'omicidio pluriaggravato dalla premeditazione, dai futili motivi, dal vincolo di parentela e dalla minorata difesa per aver aggredito e accoltellato l'ex moglie quando era a letto che dormiva, e dunque impossibilitata ad opporre un'adeguata difesa. L'omicidio si consumò nell'abitazione di Musile di Piave, nel Veneziano, dove la vittima, dopo la separazione dal marito, si era trasferita da Torre del Greco con i due figli e si stava rifacendo una vita. Non solo: il Sostituto Procuratore ha contestato al 45enne Pizzaiolo, anch'egli corallino, l'ulteriore reato di minacce, sempre aggravate, per aver minacciato di morte Mariarca con un coltello pochi giorni prima dell'assassino. il pm ha chiesto infine che non gli vengano riconosciute le attenuanti generiche.

Alla richiesta dell'ergastolo si è associato anche l'avvocato Alberto Berardi, del Foro di Padova, che assiste i familiari della donna in collaborazione con Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini: tutti i familiari di Mariarca, l’anziana mamma, i fratelli, le sorelle e, soprattutto, i due figli minorenni rappresentati dalla zia materna Assunta, su autorizzazione del giudice tutelare, si sono costituiti tutti parte civile.

L'avvocato Berardi ha anche presentato una dettagliata memoria ad hoc a sostegno della tesi della premeditazione e ha richiesto come risarcimento trecentomila euro per ciascuno dei due figli, duecentomila euro per la mamma, e centomila per ognuno dei cinque fratelli.

Ha parlato anche l'assassino, che è recluso nel vicino carcere di Santa Maria Maggiore ed è comparso in aula: si è scusato e si è detto pentito del terribile atto commesso, soprattutto nei confronti dei figli che non potrà veder crescere. “Sono morto anch'io quel giorno, meriterei di essere buttato via”, sono alcune delle dichiarazioni rese da Ascione, che continua a ripetere di non sapere cosa sia successo quel giorno.

Posizione sostenuta anche dal suo difensore, avvocato Giorgio Pietramala, che ha contestato la premeditazione e ha parlato piuttosto di “raptus”, così come ha eccepito su alcune delle aggravanti, chiedendo invece le generiche.

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