A cura della Redazione

Tra Castellammare e Pompei, capi e affiliati al clan Cesarano avevano imposto il pizzo al Mercato dei Fiori e forniture di droga ad alcune piazze di spaccio in zona. E per pretendere la rata delle estorsioni, scattavano i pestaggi delle vittime. Sono stati condannati a 20 anni ciascuno il boss Luigi Di Martino “'o profeta”, Aniello Falanga, suo braccio destro, e Giovanni Cesarano detto Nicola, per il quale però è stata riconosciuta la continuazione con altre precedenti sentenze di condanna. Confermata anche in secondo grado la condanna a 15 anni e 6 mesi per Claudio Pecoraro, ritenuto uno dei referenti del clan Pecoraro-Renna di Pontecagnano, alleato dei Cesarano, e a 14 anni per l'autista del boss Antonio Iezza.

Scende da 12 a 10 anni e 10 mesi di reclusione la pena per Felice Barra, affiliato al clan Contini e ritenuto il fornitore di cocaina per conto dell'Alleanza di Secondigliano. Sale a 9 anni, ma in virtù di un ricalcolo che include altre sentenze di condanna, la pena per l'altro Luigi Di Martino, soprannominato “'o cifrone”. Scende a 8 anni la condanna per Carmine Varriale, mentre arriva la conferma dei 7 anni e 4 mesi per il salernitano Francesco Mogavero; infine, condanne più basse per Adelchi Quaranta (3 anni e 2 mesi) e Vincenzo Amita (2 anni 2 mesi).

Alleanze con i clan di mezza Campania, estorsioni e traffico di stupefacenti erano le attività messe su – secondo l'Antimafia – dal nuovo reggente del clan Cesarano, che ha la sua roccaforte nel rione Ponte Persica tra Castellammare di Stabia e Pompei, per prendere possesso del Mercato dei Fiori. Due anni fa, 21 persone furono arrestate nel maxi blitz “Isaia”, a chiusura dell'inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e condotta dalla Guardia di Finanza del Gruppo di Torre Annunziata, che ha portato a smantellare i vertici del clan Cesarano. Associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti sono i reati contestati a vario titolo al gruppo, che faceva capo al boss Luigi Di Martino, già detenuto al 41bis, e a capo del clan Cesarano con il beneplacito del capoclan Ferdinando Cesarano. Un clan che gestisce il malaffare in particolare tra Castellammare di Stabia, Pompei, Santa Maria la Carità e Scafati, ma con le alleanze con i Mallardo di Giugliano, i Contini di Secondigliano e i Pecoraro-Renna di Battipaglia e Salerno.

Le indagini erano partite grazie alla denuncia di un imprenditore di Castellammare di Stabia del settore delle “slot machines” ed hanno consentito di ricostruire la nuova struttura e l'organigramma del clan Cesarano che controllava tutte le attività economiche della “sua” zona, per imporre il pizzo. Tutto grazie alla figura carismatica del nuovo leader che riceveva gli affiliati presso il suo quartier generale di “Ponte Persica”, imponendo le estorsioni alle imprese commerciali, utilizzando prestanome per gestire alcune attività, incassando migliaia di euro dalla gestione del traffico di sostanze stupefacenti.

QUESTE LE CONDANNE IN APPELLO

Luigi Di Martino “profeta” 20 anni – conferma

Aniello Falanga 20 anni – conferma

Giovanni Cesarano 20 anni - conferma e continuazione

Antonio Iezza 14 anni – conferma

Claudio Pecoraro 15 anni e 6 mesi – conferma

Francesco Mogavero 7 anni e 4 mesi – conferma

Luigi Di Martino “cifrone” 8 anni – 9 anni continuazione

Carmine Varriale 9 anni e 4 mesi – 8 anni

Felice Barra 12 anni – 10 anni e 10 mesi

Adelchi Quaranta 4 anni e 5 mesi – 3 anni e 2 mesi

Vincenzo Amita 2 anni e 8 mesi – 2 anni e 2 mesi