L’elezione di Roberto Fico alla guida della Regione Campania e il risultato molto favorevole del centrosinistra a Torre Annunziata - circa il 68% dei consensi - sono stati accolti dal sindaco Corrado Cuccurullo con un post di soddisfazione su Facebook.
«Torre Annunziata ha scelto il campo progressista guidato da Roberto Fico», scrive il sindaco, sottolineando come in città le percentuali della coalizione siano persino superiori alla media della provincia di Napoli. Una conferma, secondo lui, del ruolo della città come «baluardo di valori democratici e sociali».
Un quadro rassicurante, almeno in apparenza. Perché poi arrivano i dati completi, e l’immagine si fa meno lineare.
Il sindaco, probabilmente, quei numeri li ha letti. Forse, però, con la stessa selettività con cui si scorre una newsletter: ci si sofferma sulle buone notizie e si sorvola sul resto. Per esempio, sul fatto che il primo partito della coalizione di centrodestra in città sia la Lega, che supera il 9% dei voti.
Un dato che, da solo, potrebbe non fare rumore. A renderlo interessante - politicamente interessante - è la provenienza di gran parte di quei consensi: membri della stessa maggioranza che sostiene Cuccurullo. Una circostanza che spiega meglio di qualsiasi editoriale quanto sia diventato fluido, talvolta evanescente, il concetto di appartenenza politica.
Non è questione di demonizzare chi vota Lega o chi vota centrodestra. Il punto è un altro: la coerenza. O meglio, la sua graduale trasformazione in optional. Ci si presenta alle Comunali in una coalizione di centrosinistra e poi alle Regionali si sceglie un partito di tutt’altra area. Una versatilità che farà sicuramente felici gli studiosi di scienze politiche, meno gli elettori che credono ancora nel significato delle parole “valori” e “identità politica”.
In questo senso, parlare di “campo largo” appare riduttivo. Qui si va oltre: ci troviamo al cospetto di una coalizione a geometrie variabili, a seconda del voto cambia forma. Un talento, certamente. Ma anche una contraddizione difficile da ignorare.
Probabilmente il sindaco era consapevole di queste dinamiche sin dal principio - la politica locale, si sa, è fatta di equilibri delicati e compromessi inevitabili -. Tuttavia, di fronte a situazioni come questa, sarebbe opportuno usare con prudenza parole come “valori” e “baluardo”, che in politica pesano più di uno slogan e, soprattutto, richiedono coerenza.
Perché i valori, quelli veri, non sono un ornamento retorico. Sono una bussola. E se la bussola gira troppo, alla fine non si capisce più dove sia il nord.
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