A cura della Redazione
Campo rom: incubo espulsioni “Morta donna stuprata e picchiata da un rom”, questo è il titolo che primeggia sui giornali italiani da una settimana a questa parte. Il dispiacere e il terrore di questo caso romano ha finito col diffondere paura tra la gente e ha contribuito a far riaffiorare il fenomeno della xenofobia. Si è solito dire che “non bisogna fare di un’erba un fascio”, tuttavia da più parti ci si è interrogati sul grado di integrazione degli immigrati romeni e slavi. Nella nostra Regione ce ne sono tanti: cinque i campi nomadi all’ombra del Vesuvio, 24.000 i rom in tutta Napoli. A Torre Annunziata un campo nomadi è situato nei pressi del gasometro, ed è proprio lì che ci siamo recati per fare qualche domanda alle persone che vi abitano, ma è stato impossibile avvicinarsi. “Vogliamo una casa, un posto dove stare. Vogliamo un lavoro”, urla una donna con abiti lisi, bloccata però sul nascere dalle parole di un uomo grosso. “Vai via, noi non diciamo niente”. Il tempo è stato brevissimo ma ci è bastato per guardarci attorno e capire come vive abbandonata questa gente e quanta paura hanno. Un’altra donna slava, lontana dal rifugio, mi risponde in modo garbato ma sfuggente: “Io sto bene qui, vivo da anni e i miei bambini frequentano le vostre scuole, vivo in una casa, non sono più nomade”. E’ una donna che si aggira per il capoluogo campano a chiedere l’elemosina per racimolare i soldi “per il latte ai bambini”. Continuando il giro per la città trovo una giovanissima donna, seduta sulle scale di una chiesa, a chiedere, con occhi dolenti, l’elemosina ai passanti, riscaldata dalle braccia delle sue bambine di 6 e 7 anni. E’ romena anche lei, vive da anni a Torre Annunziata e si trova bene. “Sto bene qui - afferma -. Tutti sono gentili con me, non ho problemi, anche le mie figlie sono contente”. Dice di non capire bene l’italiano, ma lo percepisce abbastanza per spaventarsi alle mie domande e dirmi con timore: “Io niente di male”. Pochi metri più lontano, un giovane bulgaro con titubanza mi dice: “Lavoro per trenta euro, zappo la terra, vivo con mia sorella che cucina per donna anziana, sono bravi con me”. Ma l’assurdo episodio di Tor di Quinto a Roma e il decreto di espulsione varato dal Governo, fanno rinascere in noi quel sentimento che pensavamo essere ormai sopito, il razzismo, ma che invece oggi, nonostante l’ingresso della Romania nell’Unione Europea, ritorna prepotentemente negli stati d’animo di molte persone, facendo crescere quella sensazione di forte ripudio e di paura, a volte smisurata, verso questa gente dalla carnagione più scura e dai vestiti folkloristici. Ecco, allora, che rientra in gioco il concetto di diverso e la paura dei suoi comportamenti. Ma non bisogna considerare “diverso” colui che si differenzia dal colore della pelle o dalle proprie tradizioni, bensì chi assume comportamenti delinquenziali verso i suoi simili, siano essi romeni o italiani. Allora sorge spontanea una domanda: vanno espatriati solo i rom “diversi” o anche gli italiani “diversi”? ENZA PERNA