A cura della Redazione
«Sono vivo per miracolo» Il malcostume, ma sarebbe meglio dire l’inciviltà, di taluni automobilisti di non fermarsi per soccorrere il malcapitato di turno in caso di incidente stradale, sta diventando sempre più frequente. L’ultimo episodio che ci riguarda da vicino è stata la morte di Alessandro Papini, 28 anni, investito da un’auto pirata su una statale di Alessandria. Irresponsabilità, shock da incidente, paura di affrontare le conseguenze? Potrebbero essere queste le cause di un siffatto comportamento, senza contare che molte volte chi guida è sprovvisto di patente o è sotto l’effetto di alcol o di sostanze stupefacenti. Storie quotidiane di sofferenza e dolore. Basterebbero un po’ di attenzione in più ed una maggior responsabilità di chi è alla guida di auto o moto per evitare tragici incidenti, talvolta anche mortali. «Il 6 giugno scorso mi trovavo a transitare in via Gambardella sulla mia moto - inizia la testimonianza del prof. Michele Perfetto - quando un’auto mi ha tamponato violentemente scaraventandomi a terra. Ho battuto fortemente la testa ed il mio corpo è stato sbalzato per diversi metri. Se oggi posso raccontare quanto accadutomi - continua Perfetto, molto conosciuto in città perché, tra l’altro, svolge il ruolo di coordinatore delle commissioni consiliari al comune di Torre Annunziata - è anche grazie al fatto che indossavo il casco, il mio salvavita». Sul posto si porta immediatamente una pattuglia della polizia urbana, i cui agenti prestano i primo soccorsi al malcapitato, ma dell’auto pirata nessuna traccia. Dopo 40 minuti arriva l’ambulanza del 118, imbottigliata nel traffico a causa della concomitanza dell’omicidio del tenente dei carabinieri Pittoni. «In un primo momento non mi sono accorto della gravità dell’incidente - prosegue Perfetto -, anche se la caduta era stata rovinosa a causa dell’urto improvviso. La diagnosi, una volta raggiunto l’ospedale di Boscotrecase, parlava chiaro, però: rottura della tibia in tre parti con grave deterioramento di vasi sanguigni e dei tessuti muscolari. Da allora è incominciato il mio calvario. A distanza di tre mesi dall’intervento da parte dell’ottimo prof. Gaetano Sannino, porto ancora i postumi dell’incidente e il mio unico mezzo di trasporto è la sedia a rotelle». Storia ordinaria, tutto sommato anche a lieto fine. Ma quanti, coinvolti in medesimi incidenti, hanno avuto la fortuna di raccontare la loro disavventura? DOMENICO GAGLIARDI