A cura di Antonio Papa

Quella di Aurelio Spera e Pasquale Monaco è una storia che tocca le corde del cuore, e non è facile raccontarla senza fermarsi per il groppo alla gola che ti assale e far comprendere agli amici lettori come sia stato possibile che il troppo amore per la montagna abbia potuto essere fautore di una tragedia di tali proporzioni. Eppure fu così.

Spera era nato il 9 novembre del 1931 a Carnizza Goriziana. Da piccolo, però, si er trasferito assieme alla sua famiglia a Torre Annunziata. Aurelio non era un amante del mare, la sua passione infinita era la montagna, come quasi tutta la gente della sua terra natia. 
La montagna vera, quella da scalare, con le arrampicate che lo portavano fino alla vetta, in alto, sempre con il rispetto e l'amore per tutto quello che circondava il contesto cui andava incontro. Da giovanissimo, era già diventato uno dei migliori uomini del CAI  (Centro Alpino Italiano) di Napoli.  La conoscenza e l'amicizia con Pasquale Monaco era datata da diversi anni, la trafila nel Centro napoletano l'avevano seguita assieme di pari passo.

Estate del 1956, Aurelio e Pasquale,  giovani scalatori con all’attivo già diverse conquiste in quota, decidono di scalare il Cervino, una delle montagne più belle d’Europa, ma anche tra le più difficili.

Giunti a Cervinia il 9 agosto a bordo di una motocicletta che poi venne recuperata dopo la tragedia, trascorsero la prima serata in compagnia di altri alpinisti conosciuti in luogo e all’alba del 10 agosto si incamminarono per iniziare la scalata, accompagnandosi ad altri due scalatori conosciuti proprio quella sera precedente.

L’approccio desiderato verso le pareti della sacra montagna avvenne tra l’emozione generale dei protagonisti, ma già dopo alcune ore, dopo un buono avanzamento, iniziarono a giungere i primi intoppi.

Il tempo si stava guastando, addensandosi di nubi grigiastre e il continuo abbassamento delle temperature non prometteva niente di buono per il prosieguo della scalata.

Ancora qualche ora, e nel primo pomeriggio, col continuo peggioramento delle condizioni atmosferiche presto la zona fu avvolta da uno strato di nebbia molto fitta.

I due alpinisti lombardi aggregati decisero di tornare indietro non ritenendosi sicuri della riuscita dell’impresa mentre Aurelio e Pasquale non vollero abbandonare il sogno cullato per anni e proseguirono nel loro tentativo sperando in un rapido miglioramento generale.

Invece, verso le 17, in pochi minuti, si scatenò una tempesta, accompagnata da un vento gelido e tuoni che rombavano ininterrottamente, a cui si aggiunse anche la grandine nel chiudere il cerchio delle critiche avversità meteorologiche.

Aurelio e Pasquale rimasero intrappolati su quelle cime, esposti al freddo e al gelo, non potendo fare altro che attendere e sperare che terminasse quella maledetta tempesta che si era scatenata.

Verso sera, il sottile filo di disperati richiami che univa i due napoletani, lassù in alto, con i due scalatori lombardi che cercavano anch’essi tra enormi difficoltà di rientrare al campo base, si stava per spezzare.

La notte, terribile e malvagia, arrivò con freddo e gelo talmente forti da far crollare le ultime resistenze dei giovani ragazzi rimasti sulle pendici di quella montagna.

I due scalatori lombardi riuscirono ad arrivare al loro rifugio nel campo base verso le sei del mattino di quel tremendo 10 agosto, stremati ma salvi, e solo allora poterono dare l’allarme per aiutare Aurelio e Pasquale.

Subito venne organizzato un gruppo di soccorritori per verificare se i due ragazzi fossero riusciti a superare le tremende difficoltà a cui erano stati sottoposti dalla natura.

Aurelio e Pasquale non ritornarono mai più alla base.

Le guide alpine, in soccorso nelle ore successive, individuarono dei solchi a valle della cima maledetta e non poterono che constatare il punto di caduta dei due ragazzi, scivolati lungo il pendio e precipitati per circa 900 metri.

La certezza arrivò quando venne recuperato il corpo di Pasquale mentre quello di Aurelio non venne mai più ritrovato.

A soli 24 anni, riposerà per l’eternità in quel luogo che tanto lo aveva attratto.

Da allora, la famiglia Spera dispone una messa dedicata ad Aurelio e Pasquale in occasione della luttuosa data.

A settembre dello scorso anno venne recuperato dal Cimitero di Torre Annunziata un pezzo di lapide, ultimo residuo che ne ricordasse la memoria e trasferito nella Cappella di famiglia nel Cimitero di Ravello dopo una bella cerimonia di commemorazione, dove, tra l’altro, venne distribuito un libro fatto stampare dalla famiglia Spera e da Valeria Lambiase per ricordare la tragica storia.

La pagina più commovente nel libro è sicuramente quella che riguarda il testamento di Aurelio Spera, scritto di suo pugno e lasciato alla famiglia, prima delle sue imprese:  

"Commiato: ai miei amici della Montagna".

Ho cercato di custodire come meglio potevo i tesori che la montagna mi donava.

Li ho ricevuti in proporzione ai dolori e ai sudori che ho speso.

Non ho ricevuto poco, la Montagna con me non è stata avara.

Questa ricchezza appartiene alla mia Anima; non siate tristi, dunque;

non sono povero.

Io la porterò ai Morti della Montagna, spero che mi vorranno accogliere tra loro.

Voi che mi avete aiutato nella strada più dura, non fermatevi se io sono caduto, proseguite il cammino.

Che non si spenga in voi il desiderio di imparare a soffrire, di comandare al dolore.

Lo Spirito così andrà oltre il corpo e non sarà legato ai destini di questo.

Solo così il commiato non sarà triste.

Io potrò ancora conservare la speranza che il Signore ci voglia accogliere e riunirci ancora, un giorno, quelli di prima con quelli a venire, nella continuità che va oltre il tempo.

Vostro Aurelio Spera.

Desidero, se possibile:

essere seppellito in terra e non tra marmi;

se è necessario mettete fiori sulla mia tomba, che siano selvatici e pochi;

alla biblioteca del C.A.I. tutti i miei libri che essa non possiede;

sulla tomba la scritta del nome con le date e il luogo del decesso;

sotto al nome:" Portatore del Club Alpino".

Nient' altro"

Anche quest’anno verrà celebrata la messa nella Parrocchia “Maria Regina della Valle d’Aosta”, a Cervinia. Il toccante ricordo avrà luogo oggi, 10 agosto alle ore 18,30,celebrato da Don Paolo Papone. Saranno presenti in rappresentanza della famiglia, la nipote Sandra, figlia del defunto fratello di Aurelio, Livio, e suo marito.

(Nella foto da sinistra, Aurelio Spera e Pasquale Monaco)