Sia chiaro, non è facile parlare con efficacia ai giovani, in particolare quando si affronta il tema della legalità, di cui e su cui, in un territorio come il nostro, pensano di aver sentito e visto già tutto. Si avverte negli incontri destinati a questo scopo, che i messaggi e le parole che li trasportano, non riescono ad arrivare ai destinatari principali, si fermano alle prime file dell’uditorio, quasi sempre occupate da adulti, risospinte indietro da un alto muro di indolenza e disinteresse, quando non di vera e propria ostilità. Ma si determinano talvolta delle eccezioni, rari momenti durante i quali le mura di Gerico dell’indifferenza crollano per far posto a un’attenzione fervida, partecipata, e proprio per questo preziosa.

È quanto accaduto lunedì 19 dicembre, nell’Auditorium dell’I.I.S. Marconi di Torre Annunziata, dove al cospetto di una folta rappresentanza di studenti e docenti dello stesso Marconi-Galilei, dell’I.S. Cesaro Vesevus, dell’I.S. Graziani, dei Licei Pitagora-Croce e de Chirico, quest’ultimo rappresentato dal nuovo dirigente scolastico, Rosalba Robello, si è discusso dei beni confiscati alla mafia. 

“Giù le mani dalla città”, questo il titolo dell’incontro programmato nel quadro delle molteplici attività di sensibilizzazione promosse dalla Sezione di Torre Annunziata dell’Associazione Nazionale Magistrati, presieduta da Andreana Ambrosino. Introdotti dalla preside Agata Esposito, dirigente della scuola ospitante, sono intervenuti la stessa Ambrosino, il Procuratore della Repubblica, Nunzio Fragliasso, Matteo De Micheli, segretario della sezione cittadina dell’A.N.M., e Ernesto Aghina, Presidente del Tribunale oplontino, nonché Fernando Mone, componente Commissione Straordinaria del Comune di Torre Annunziata, e Pasquale Leone, in rappresentanza dell’Associazione Libera.

La sinteticità e l’avvertita sincerità degli interventi, la rara possibilità di visitare Villa Tamarisco, bene confiscato alle mafie, i laboratori specifici che vi hanno fatto seguito, hanno determinato le condizioni per tenere quanto mai desta attenzione e partecipazione. Le parole hanno abbandonato la loro impalpabilità traducendosi in azione; lo Stato, attraverso la visita alla villa, o a quanto in verità ne resta, ha visibilmente mostrato i risultati del suo contrasto alla delinquenza organizzata.

Guidati dai magistrati Ambrosino e De Micheli, gli studenti si sono aggirati negli ambienti di quello che è parso al tempo stesso fortilizio e simbolo di potere, residenza di ostentato e discutibile sfarzo e prigione volontaria. Hanno ascoltato e posto domande, toccato con mano quanto effimeri siano gli agi di chi vive nell’illegalità, poggiato lo sguardo esterrefatto su un Padre Pio benedicente, intonaci caduti, marmi sfarzosi, capitelli corinzi, statue di antichi condottieri romani e civette a grandezza naturale in gesso. Hanno soprattutto capito che dalla restituzione di questa villa alla società civile passa anche buona parte della credibilità delle istituzioni.

Lasciarla nell’attuale stato di totale abbandono darebbe infatti un negativo segnale di inerzia, trasformando il simbolo di una palese vittoria nell’emblema di una cocente sconfitta.

Di questo hanno saputo ragionare con gli adulti, a dimostrazione che quando si costruiscono valide occasioni di crescita e confronto, l’educazione alla legalità, premessa ineludibile per innescare  processi partecipativi di cittadinanza attiva, si fa concreta. 

BIAGIO SOFFITTO