Quando il calcio in streaming non era neppure un’ipotesi da fantascrittori, se vivevi in provincia la serie A (in tv) la vedevi per quarantacinque minuti a settimana oppure la sentivi la domenica attraverso le voci di Ameri, Ciotti e Ferretti. Capitava anche a noi di Torre Annunziata che pure non avremmo mai cambiato Lino Villa con José Altafini. Eppure quel pomeriggio allo stadio c’eravamo tutti per ammirare i campioni della città che quell’anno (il 1971) contesero a Milano il dominio sul campionato.

Non ricordo né come né tantomeno perché, ma finii a bordo campo: quanto era vecchio Hamrin, lo svedese, e quanto erano alti Zoff e Panzanato. José non aveva voglia e soprattutto quanto era elegante quello che giocava libero, una delle scoperte al tempo più recenti dei nostri allenatori. Sapevo già tutto di lui: si chiamava Mario Zurlini, era di Parma, aveva la erre moscia e uno splendido piede sinistro che io, mancino per sbaglio, gli avrei invidiato per sempre.

Sette anni più tardi gli avrei confessato tutti i pensieri raccolti quel giorno; nacque così la nostra amicizia. Zurlini accettò l’offerta del Savoia, qualcosa contò pure la precedente esperienza vissuta in un pomeriggio di festa contro una squadra per nulla scarsa, ma amata visceralmente da una tifoseria straordinaria. La stima (da parte mia, almeno) era già solida, nata nell’incontro ravvicinato dell’amichevole. L’avevo osservato anche nel suo tentativo riuscito di dimostrare di non essere finito quando lasciò Napoli per giocare la sua scommessa a Matera. Passare dal San Paolo alla serie D deve essere stato più difficile di un tuffo mortale carpiato di Klaus De Biasi in piscina. Mister eleganza Zurlini non vinse la medaglia olimpica, ma scoprì, anzi riscoprì il fascino delle piccole città. Come Matera, poi Brindisi, quindi Torre Annunziata dove s’ambientò benissimo, tanto che tornò più volte, con una presenza discreta anche a Torre del Greco.

Il rapporto particolare con la nostra Torre me lo confessò quando ci incontrammo, anni dopo, al calciomercato. Stava per chiudere un contratto, ma il sorriso era già diventato amaro, il calcio improvvisamente era ormai un’armatura troppo stretta che più che difenderlo lo immobilizzava. Forse anche per questo motivo nel 2000 decise che non ne valeva la pena. Si trasformò in spettatore. Diviso tra Parma e Napoli, proprio come era stata la sua vita. Vissuta elegantemente, fino all’ultimo affannoso respiro.  

(Nella foto, stadio Giraud di Torre Annunziata, amichevole Savoia-Napoli dell'ottobre 1993. Da sinistra, Mario Zurlini (allenatore Savoia), Vincenzo Pinto (decano dei giornalisti sportivi torresi) e Marcello Lippi (allenatore Napoli)