Neppure Rosario Iannucci, ottimista per convinzione e professione, avrebbe potuto scommettere che oggi, luglio del 2023, si sarebbe parlato della sua AICOVIS (Associazione Italiana contro la Violenza negli Stadi) come di una realtà ancora viva e, anzi, impegnata in una lenta ed efficace manovra di trasformazione che le garantirà una lunga esistenza, straordinariamente attiva. Quei giorni, ventotto anni fa, li ricordo bene: Rosario descriveva l’idea che aveva in testa con una passione straordinaria, assolutamente coinvolgente. Intorno c’era un mondo crudele, i campi di calcio erano spesso ridotti a terreni di battaglia, gli avversari sempre dipinti come nemici da abbattere, come chiunque provasse a frapporsi al disegno di distruzione: arbitro o forze dell’ordine erano comunque l’ostacolo da ridurre all’impotenza. Il risultato, desolante, di questa strategia della follia estremistica era sotto gli occhi di tutti: racconti domenicali di una guerra non dichiarata, stadi sempre più vuoti, immagini televisive che non raccontavano imprese eroiche, ma solo devastazione.

Ecco perché la ribellione partita da un ex ragazzo dai capelli biondi fu accettata da tutti: fare qualcosa contro la violenza era un dovere collettivo, sentito come una missione irrinunciabile da chi aveva visto scandita la propria vita pubblica dalle presenze sugli spalti che in quel periodo erano diventate improvvisamente rischiose. Quello di Rosario era un non-progetto. Non aveva una successione prestabilita, ma era il tentativo di convogliare l’insofferenza popolare alla violenza verso un movimento - spontaneo, pacifico e diffuso - di protesta per riappropriarsi spazi che erano stati violati. Il pensiero alla base della nascita dell’AICOVIS era il coinvolgimento dei volti noti, dei simboli che gli atti teppistici di fatto colpivano. Una mobilitazione per restituire il sorriso a chi stava perdendolo, sfruttando tutte le proposte.

Lui, il presidente, è diventato il collettore, una figura indispensabile per organizzare un contro-movimento per liberare il calcio e quindi lo sport. E poi ha aggiornato la lista delle cose da cambiare. Basta con il razzismo, incompatibile con la regola numero uno di tutte le discipline in cui vince il più bravo, il più veloce, il più potente, il più agile. Non conta il colore della pelle oppure il luogo di nascita o il passaporto. Anche nella vita di tutti i giorni deve valere la stessa regola e i più deboli devono essere aiutati, non è mai questione di razza. E’ entrato nelle scuole per portare la testimonianza eccellente di chi ha provato a convincere che il bullismo non può governare nessuna comunità, tanto meno la società del futuro.

Rosario si è fatto scortare nelle sue peregrinazioni dai protagonisti di un mondo ancora tanto amato: da anni si presenta nei luoghi dove si soffre contro una nemica, la malattia, che si combatte solo con un’arma: la ricerca. Hanno accettato la sfida campioni di risalto internazionale come Ciro Immobile e Irma Testa, protagonisti assoluti come Marco Guida, arbitro indispensabile al grande calcio. In comune hanno l’origine: sono nati a Torre Annunziata, come Iannucci, ma l’AICOVIS è una realtà nazionale, solo per caso partita da qui. Realizzando il sogno di un grande visionario al quale dobbiamo dire tutti grazie.

(nella foto, Iannucci con Ciro Immobile)