La normativa è inequivocabile in merito al bullismo e al cyberbullismo: prevenzione, contrasto, sensibilizzazione e formazione sono le parole chiave di una legge che tutela e condanna la violenza in tutte le sue forme ed espressioni. Eppure, non mancano episodi tragici che scuotono la coscienza nazionale e si impongono alle cronache con forza dolorosa.
È il recente caso di Paolo, un ragazzo di quattordici anni, che — vittima di vessazioni, insulti e minacce — si è tolto la vita nell’indifferenza generale. Un ennesimo grido silenzioso che rivela il bisogno urgente di ascolto, comprensione e accompagnamento in una stagione cruciale della vita: l’adolescenza, tempo in cui i paradossi segnano la crescita e la costruzione dell’identità personale, spesso fragile e incerta, perché priva di punti di riferimento stabili e credibili: genitori, insegnanti, parroci, educatori.
È il tempo del bisogno di autonomia e di accettazione, della ricerca di risposte e sostegno. Se questi mancano, la solitudine e la disperazione prendono il sopravvento, e la paura toglie il desiderio di vivere. Come scrive Viktor Frankl: “Chi ha un perché per vivere può sopportare quasi ogni come”. Eppure, molti giovani oggi non riescono a trovare quel “perché”. In un contesto culturale che tende a trasformare l’idea di famiglia e a scardinarne i fondamenti, i genitori sono sempre più assorbiti dal lavoro, dalla fretta, dalla tecnologia, e faticano a dedicare tempo e ascolto ai figli. Questi, a loro volta, percepiscono la figura genitoriale — soprattutto in adolescenza — come un controllo da evitare.
Tale frattura generazionale è alla base della deriva educativa odierna. Noi docenti, talvolta, siamo travolti da progetti, eventi, voti e risultati, dimenticando i fondamenti del nostro ruolo: ascolto ed empatia. Come ricorda don Lorenzo Milani: “Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. Educare significa accogliere la diversità, riconoscere la sofferenza, dare voce a chi non ce l’ha.
È urgente promuovere e implementare le life skills all’interno della scuola: percorsi formativi che potenzino nei discenti conoscenze, abilità e competenze spendibili nella vita, come pensiero critico e riflessivo, capacità decisionale, relazioni interpersonali e introspettive, conoscenza e gestione delle emozioni. Come afferma Edgar Morin: “L’educazione deve insegnare a vivere”.
Non basta imparare a fare: bisogna imparare ad essere. Solo così i giovani potranno comprendere l’importanza e la sacralità della vita, imparando a custodirla e a difenderla. Occorre contrapporre una cultura della vita alla cultura della morte e dello scarto. Papa Francesco, nell’enciclica Fratelli tutti, ci ricorda: “Ogni essere umano ha diritto a vivere con dignità e a svilupparsi integralmente”. La scuola, la famiglia, la comunità devono tornare ad essere luoghi di cura, di prossimità, di speranza.
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