«Sono nato a Napoli 27 anni fa, cresciuto a Torre Annunziata (la famiglia abita in via Carminiello, ndr), ma con Nola nel cuore: è la città di mio padre, quella dei Gigli. Porto dentro il calore della mia terra, le voci di famiglia, i profumi della cucina di mia madre. Tutto quello che sono parte da lì».
A parlare e Felice Caccavale, da qualche anno residente a Magione in Umbria dove lavora come collaboratore scolastico. Ma la sua passione è e rimane la cucina ed è molto seguito su Instagram. «Lavoro da quando avevo 13 anni. Ho fatto il cameriere, il pizzaiolo nella pizzeria Napoli di via Sepolcri, il cuoco. Quando è scoppiata la pandemia da Covid, e mi sono trovato improvvisamente senza un lavoro, ho inoltrate le domande come collaboratore scolastico. E così ora mi trovo lontano da casa, ma la mia passione per la cucina non si è mai spenta».
La cucina per te non è solo preparare piatti, vero?
«No, per me cucinare è riportare in vita ricordi, emozioni, casa. Un profumo ti riporta a un momento, un sapore ti fa sentire vicino alle persone che ami, anche quando sei lontano. Io cucino per questo: per far rivivere pezzi di vita».
Da dove nasce questa passione?
«Mia madre mi ha trasmesso l’amore per la cucina, e io l’ho coltivato giorno dopo giorno. Non è stato un percorso facile, ma fin da ragazzo sapevo che la ristorazione era il mio sogno».
Oggi vivi in Umbria, a Magione. Che ruolo ha la cucina nella tua vita lì?
«Oggi faccio il collaboratore scolastico, e cerco di insegnare ai ragazzi il valore dell’impegno, della passione. È bello diventare un punto di riferimento per loro. Ma appena posso, rimetto le mani in pasta: collaboro con associazioni, preparo cene e pranzi dove porto la tradizione partenopea e la unisco ai sapori umbri. Ogni volta non è solo cibo, è condivisione, emozione, memoria».
Ripeti spesso: “Non c’è innovazione senza tradizione, non c’è futuro senza passato”. Cosa significa per te?
«Vuol dire che le ricette della tradizione sono sacre. Non mi piace stravolgerle. Sono reliquie, da rispettare. Ogni piatto racconta chi siamo. Io cucino per fermare il tempo, per ascoltare la voce delle nostre radici».
C’è un piatto che porti nel cuore più degli altri?
«Gli gnocchetti ai profumi di Amalfi. Mi hanno accompagnato nel mio primo viaggio lontano da casa, a 18 anni. Da allora, per me significano forza e radici. Ancora oggi, ogni volta che li preparo, torno a quel momento».
E come riesci a unire Napoli e l’Umbria nei tuoi piatti?
«Con amore. Porto sempre un tocco di napoletanità, anche nei piatti umbri più tipici. È un gioco di equilibri: unire la passione partenopea con la ricchezza di questa terra. Ma il senso è uno solo: mettere tutti a tavola e creare convivialità. Davanti a un piatto, siamo davvero tutti uguali».
A tavola con te non si mangia solo, si viaggia.
«Esatto. Ogni piatto è una storia, una canzone, un ricordo. Mi piace accompagnare le portate con musica o racconti. Voglio che chi mangia con me non provi solo un sapore, ma viva un’esperienza: un ponte tra passato e presente».
Qual è il sogno che ti accompagna?
«Semplice e grande: non far perdere mai la cucina che il mondo ci invidia. Portarla ovunque, farla rivivere nei cuori di chi la assaggia, così che ognuno possa ritrovare la propria casa, la propria terra, la propria storia».
Se potessi lanciare un messaggio ai giovani, cosa diresti?
«Di non dimenticare mai le proprie tradizioni. Sono radici, e senza radici non si cresce. Inseguite sempre un sogno, anche quando sembra difficile: dietro ogni traguardo c’è sacrificio, ed è proprio quello a dare valore ai vostri sogni. Con passione, coraggio e rispetto per ciò che siamo, tutto diventa possibile».
Felice sorride di nuovo. Davanti a lui un piatto fumante, semplice ma pieno di storie. E capisci che non è solo cucina: è vita che profuma di casa.
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