Da anni Salvatore Cimmino, nuotatore con disabità di Torre Annunziata, combatte una battaglia civile contro le barriere architettoniche e culturali. Infatti, nel 2006, ha dato vita ad un progetto di nuotare su lunghe distanze per far conoscere i problemi dei disabili, abbattere qualsiasi barriera architettonica e favorire il loro pieno inserimento nella società.
Con lui abbiamo parlato dello stato dei diritti delle persone con disabilità in Italia.
Nelle ultime ore è circolata la notizia dell'atleta paralimpica Angela Procida (nella foto), di Castellammare di Stabia, impossibilitata a raggiungere Napoli per un evento in suo onore a causa dei trasporti non accessibili. Cosa ne pensa?
«È una grave violazione del diritto umano alla mobilità. Trovo assurdo che un’atleta della nazionale non possa raggiungere una città per l’inaccessibilità dei mezzi pubblici. Auspico che i Comuni coinvolti, Castellammare di Stabia e Napoli, denuncino la società di trasporto per discriminazione diretta, ai sensi della legge 67/2006. Serve un segnale di civiltà: le persone con disabilità hanno pari dignità sociale».
Cimmino, lei denuncia spesso un clima di indifferenza generale verso le discriminazioni che subiscono le persone con disabilità. Perché accade?
«Perché l’opinione pubblica è ormai assuefatta. Nonostante i social ci permettano di conoscere in tempo reale denunce, violazioni e abusi, è diventato facile ignorare un articolo o scorrere oltre un post. L’indifferenza è il risultato di un problema culturale più profondo».
Di che tipo di problema culturale parla?
«Persiste un approccio caritatevole e assistenzialista verso la disabilità. È un paradigma che va superato. Dobbiamo adottare una prospettiva basata sui diritti umani, come previsto dalla Convenzione ONU ratificata dall’Italia nel 2009. Le persone con disabilità non devono essere “aiutate”: devono essere messe in condizione di esercitare i loro diritti».
Da dove dovrebbe partire questo cambiamento?
«Dalla scuola. L’inclusione scolastica deve diventare reale e non un concetto astratto. Questo significa eliminare barriere materiali e immateriali, garantire riabilitazioni appropriate, assicurare continuità didattica. La precarietà degli insegnanti di sostegno, per esempio, ostacola il diritto allo studio».
Lei propone di introdurre la Convenzione ONU nei programmi scolastici. Perché?
«Perché senza educazione la legge rimane lettera morta. Se le nuove generazioni imparano il valore dell’inclusione e del rispetto dei diritti, potremo costruire una società davvero accessibile».
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