A cura della Redazione

Fino al 4 agosto l’Accademia delle Belle Arti di Varsavia, tra le più prestigiose e antiche in Polonia, sta impegnando i suoi specialisti in un progetto di restauro degli apparati decorativi di alcuni ambienti della Villa Arianna, nel sito archeologico di Stabiae.

L’intervento in corso  prevede il restauro e il consolidamento del cubicolo 45, rinomato per la sua pregevole decorazione in II stile iniziale, e dell’ambiente 7, con affaccio sul mare, impreziosito da pitture parietali in IV stile ed  è condotto da cinque studenti della Facoltà di Conservazione e Restauro dell’Accademia polacca, coordinati dal vice preside prof. Krzysztof Chmielewski e dalla professoressa Julia Burdajewicz.

Il progetto, sotto la direzione scientifica del Parco Archeologico di Pompei e il coordinamento della Fondazione RAS, trait d’union tra le due Istituzioni,  è supportato economicamente anche dal Ministero della Cultura e del Patrimonio Nazionale della Repubblica di Polonia.

I restauratori dell’Accademia, ospiti per quattro settimane presso il campus del Vesuvian Institute, sono giunti a Castellammare per il loro terzo anno consecutivo. In passato si sono occupati, sempre a Villa Arianna, della cura delle pitture parietali dell’ambiente 37 e del cubiculo 44. Quest’anno le operazioni di restauro, oltre a restituire l’originario splendore ad alcuni vani della Villa, hanno regalato anche delle piccole ma interessanti sorprese, come quella avvenuta pochi giorni fa all’interno del cubicolo 45:

“Nella parte inferiore del muro sud, che si trova entrando a destra, – raccontano i due restauratori –  al momento della rimozione delle stuccature deteriorate, risalenti agli anni ’50 e ’60, e realizzate in occasione degli interventi promossi da Libero D’Orsi, abbiamo documentato una profonda lacuna. All’interno di quest’ultima, con nostro gran stupore, abbiamo rinvenuto alcuni frammenti di intonaco dipinto. Evidentemente queste porzioni furono trovate a terra e, anziché essere ricollocate nella loro posizione originaria sulla parete, sono state impiegate come materiale di riempimento per colmare la profonda cavità. Siamo riusciti a trovare il loro esatto posizionamento e fissarle. Un fatto singolare ed emozionante se si considera che non capita spesso che dopo il restauro ci si ritrovi ad avere una superficie dipinta maggiore di quella di partenza”.