A cura della Redazione

«Queste accuse mi fanno male: io non ho armi. Ho letto le contestazioni a mio carico direttamente nel decreto di fermo, non sapevo nulla». Ha provato a difendersi in aula Domenico Tamarisco, ritenuto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli uno dei boss dei Tamarisco-Nardiello, la famiglia di narcotrafficanti di Torre Annunziata che, da Villa Adele nel rione Poverelli, avrebbe gestito il traffico internazionale di stupefacenti con il Sud America e la Spagna. Ha chiesto la parola e ha voluto spiegare la sua versione dei fatti al presidente di collegio Antonio Pepe del tribunale di Torre Annunziata.

«Dopo 17 anni, volevo rifarmi una vita con la mia famiglia - ha detto -. Invece, perché non riesco ad esprimermi bene in italiano, rischio di essere condannato di nuovo per un cosa che non ho fatto». Domenico Tamarisco è a processo per detenzione illegale di armi. Durante le intercettazioni attivate dai finanzieri del Gico di Napoli nel corso delle indagini sul traffico di droga, sarebbe emerso che il neo scarcerato “Mimmo” avrebbe chiesto armi per fare un agguato. Tornato in libertà il 6 aprile 2016, Tamarisco finì in manette tre settimane dopo, nel blitz dei finanzieri del 27 aprile 2016.

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