“I calciatori devono solo giocare al resto ci pensa la camorra”, diceva un boss intercettato in carcere. Il resto, a Castellammare di Stabia, era tutto quello che girava intorno alla squadra di calcio, i ricchi affari dentro e fuori dallo stadio Menti.
Su disposizione del Tribunale di Napoli la società sportiva è finita in amministrazione giudiziaria per sospette infiltrazioni camorristiche. Provvedimento richiesto dal procuratore nazionale antimafia Melillo, dal procuratore Gratteri e dal questore di Napoli Agricola.
Secondo le indagini della Polizia, la Juve Stabia era diventata una sorta di grande vetrina per il clan D’Alessandro, presente in tutte le articolazioni: dallo spostamento della squadra con gli autobus, alle ambulanze, alla vendita delle bibite, ai biglietti, alla gestione della sicurezza allo stadio. Come accertato dagli agenti il 9 febbraio scorso, a fare filtraggio ai tornelli nella partita Juve Stabia-Bari c’era un’esponente del clan.
Si tratta della prima squadra di serie B a finire sotto amministrazione controllata, dopo Foggia e Crotone in serie C.
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