Qualsiasi cosa accadrà in questo finale di stagione, Lipsia resterà una tappa fondamentale nella storia del Napoli. Una vittoria memorabile (anche se inutile) ottenuta da una formazione vera, senza un superuomo che trascinasse gli altri, come era accaduto quando il sogno napoletano s’era avverato nella favolosa era Maradona. E non penso certo al rimpianto per l’occasione persa in Europa League contro avversari comunque meno forti. Quello s’era consumato, in fretta, nella partita concentrato di errori consumati tutti insieme al San Paolo: squadra, società e pubblico furono vittime di un momento collettivo di disaffezione. Innanzitutto per un torneo mai sufficientemente amato: poca gente allo stadio, parole in libertà consegnate alla vigilia, troppe assenze, addirittura qualche errore.

Insomma il peggio del peggio racchiuso in un appuntamento considerato fuorviante, una pericolosa distrazione dall’obiettivo principale: lo scudetto. Una figuraccia in Eurovisione non è mai un evento piacevole, soprattutto se sei impegnato in una ricostruzione indispensabile per colmare una voragine profonda oltre vent’anni. E il Napoli, lontano dall’Italia, è ancora indissolubilmente legato alle morbide forme di Diego Maradona: come se il tempo si fosse fermato con la fuga per niente misteriosa che aprì l’ultimo decennio del secolo scorso.

Nel nome del Pibe è stato anche il saluto che Lipsia ha consegnato agli ospiti napoletani: è stata evocata una sfida datata 1988, l’annata che portò alla conquista della Coppa Uefa, l’unica memoria tangibile in Europa di quella lontana età dell’oro. L’impressione è che poi Lavezzi, Cavani, perfino Higuain non abbiano lasciato traccia, nonostante le apparizioni collezionate anche in Champions League. Comparsate senza eredità d’affetti: la differenza è tutta qui, e a Lipsia se ne è avuta conferma. In una gara con un handicap pazzesco, nell’eurocalcio aver concesso un 1 a 3 in casa aveva reso il ritorno simile a una scalata da ottomila metri. L’ascesa è stata senza intoppi e solo la regola spietata sul valore doppio dei gol segnati in trasferta ha reso impossibile la qualificazione agli ottavi di finale.

Resta l’ultimo obiettivo, lo scudetto italiano, l’unico scopo che è ancora realizzabile: dopo Lipsia è pure più vicino. Anche a questo servono i viaggi europei: a diventare più grandi.

*già direttore di Sky Sport

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