C’era una volta Milan-Napoli, e c’è ancora. Con rapporti di forza ribaltati e un’equazione calcio uguale bellezza che ha scelto come divisa la maglia azzurra. La novità è proprio in campo, va in scena una rivoluzione proletaria realizzata con una programmazione che di proletario non ha nulla. Non c’è più traccia del programma di conquista del mondo progettato dagli strateghi Berlusconi e Sacchi, il Napoli è passato attraverso un tormentato calvario e un’esaltante risalita per tornare così in alto come solo con Maradona era riuscito.

Anche se, per restare a Napoli, si fatica anche a immaginare il presidente Aurelio in eskimo, una divisa che tutt’al più vedresti indossata da Maurizio Sarri. Dall’altra parte c’è un precariato cinese, tradizionalmente abituato a indossare l’uniforme e un aspirante generale come Rino Gattuso che confessa tutta la propria ammirazione per il Maestro di Pallone. E, con i discorsi da corteo dell’eguaglianza fermiamoci qui, anche perché nell’ultima settimana le rivendicazioni da popolo frustrato sono arrivate dagli juventini e le polemiche di ritorno seguite al calcio di rigore hanno riproposto - soprattutto nelle posizioni ufficiali - la peggiore rappresentazione dell’odio dialettico.

Per fortuna, si torna al campionato: in sette giorni si decide tutto, in tre mosse si arriva allo scontro diretto, il dentro o fuori che non conosce alibi. Juventus-Napoli passa questo pomeriggio da Milano, dove i milanisti si giocano l’onore nei giorni del primo compleanno cinese, poi a Torino sale da Genova la Sampdoria, una delle mine vaganti del campionato, la sorpresa sempre possibile. L’indice di difficoltà per Napoli e Juventus è assolutamente paritario, la differenza può farla Madrid, con quel carico di scorie che può trasformarsi in zavorra o in propulsore supplementare. Ma l’energia positiva può generarla pure Milik, il colosso che la sua gioia di vivere deve esibirla prima o poi.

Hanno parlato e fatto parlare molto di loro anche ADL e Sarri, protagonisti del più gettonato gioco delle coppie. A volte sembrano corazzatissimi, altre volte distantissimi: non può essere solo una questione di danaro. Oggi, entrambi parlano di budget e preferiscono tessuti più esclusivi del vecchio eskimo, ma l’iconografia popolare li costringe a un ruolo: loro, più dei giocatori sono stati scelti come i simboli dell’anti-Juventus. Soprattutto in coppia, sono l’antitesi all’immagine che in serie A è naturalmente accostata alla nobiltà d’antico lignaggio contro i poveri ricchi. E anche lo scudetto si risolve in una questione di classe.

Lassù, da sempre restano tre squadre. Milan e Inter chiudono il cerchio con la Juve: quel Palazzo Reale che è San Siro si oppone a quella residenza techno-chic che la Juve s’è costruita sul territorio prima occupato dallo Stadio Delle Alpi. Ma la festa vera la progettano a Napoli, là dove l’impossibile può diventare realtà.

*(già direttore di Sky Sport)

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