A cura della Redazione
Donna torrese partorisce un feto morto: scatta la denuncia Feto nato morto: scatta la denuncia. Ma i camici bianchi dell’ospedale civile di Boscotrecase sono convinti di non avere alcuna colpa. A raccontare la vicenda è la giovane madre di famiglia che ieri avrebbero dovuto dare alla luce il suo terzogenito, Luigi. Mena Solimeno, trentacinquenne operaia di Torre Annunziata, coniugata con Giovanni Carpentieri, dipendente di una stazione di servizio in via Vittorio Veneto, col quale ha già avuto due splendidi bambini, Pasquale di sette anni e Rita di cinque, non si dà pace. La perdita del piccolo l’ha profondamente segnata. Mena è convinta che il decesso sia scrivibile alla lentezza con cui i medici del “S. Anna e Madonna della Neve” l’hanno indotta a partorire ed è decisa a portare in tribunale i responsabili per chiedere i danni materiali e morali. Di qui la presentazione di un esposto alla Polizia di Stato. Gli uomini del commissariato oplontino, coordinati dal primo dirigente Attilio Nappi, hanno sequestrato il corpicino, la placenta materna e la cartella clinica. Nelle prossime ore il consulente tecnico d’ufficio nominato dalla Procura della Repubblica eseguirà l’autopsia. Nel frattempo la genitrice è furibonda: “Me lo hanno ucciso – ripete tra le lacrime la giovane, consolata dai genitori e dal suocero Pasquale - sarebbe bastato che mi avessero praticato il taglio cesareo al momento giusto, ma evidentemente qualcuno ha fatto come Ponzio Pilato”. I fatti. Ad inizio settimana l’operaia, al nono mese di gravidanza, seguita, come tiene lei stessa a sottolineare, “con grande professionalità dal personale del Consultorio di Boscoreale”, viene ricoverata al complesso sanitario di via Lenze: “Mi avevano detto, nel corso dei vari esami ai quali sono stata sottoposta, che il bambino aveva delle difficoltà cardiache. Ciò nonostante, nessuno tra quelli che si sono alternati al mio capezzale, ha ritenuto di accelerare i tempi. Mio figlio è morto, ma si sarebbe potuto salvare se lo avessero fatto nascere”. La situazione, purtroppo, precipita nella giornata di sabato, quando, dopo l’ennesimo tracciato, non viene più rilevato il battito del bimbo. La donna viene trasferita in sala operatoria dove mette al mondo un feto senza vita del peso di circa tre chilogrammi e mezzo e scatta la denuncia. Per l’operaia ed i suoi familiari “si è indugiato oltremisura, senza alcuna ragione”. Di tutt’altro tenore la versione del nosocomio. “Siamo addolorati – ribatte Luigi Lacchi, vicepremiario del reparto di ostetricia – ma non vi è alcuna colpa da parte nostra. La paziente è stata controllata scrupolosamente sin dal momento del ricovero avvenuto con prodromi di travaglio, che, in realtà, non si sono rivelati tali. Gli esami ecografici, ripetuti più volte, mostravano che il bambino era più piccolo di quanto avrebbe dovuto essere e che la placenta funzionava bene. Se ci fossero stato motivi di pericolo si sarebbe immediatamente proceduto alla provocazione del parto, pur non essendo il momento”. La cartella clinica è, attualmente, al vaglio degli inquirenti che dovranno fare chiarezza e stabilire se la vicenda possa considerata un caso di “malasanità”. CALBO