A cura della Redazione
L’Associazione AMACI (Area Mediterranea Ambiente e Cultura Integrati) di via Mauro Morrone ha ospitato, sabato scorso, il dibattito dal titolo “Per fare...?”. Un’iniziativa promossa dal gruppo Italia 232-Comuni Vesuviani ed Amnesty International che da anni si batte per la tutela dei diritti umani in tutto il mondo, specialmente in quelle zone flagellate da anni di guerre civili. Oggetto dell’incontro, la questione arabo-israeliana e le “censure” dell’informazione su ciò che accade nella regione mediorientale, in cui ogni giorno vengono calpestati i diritti dei palestinesi ad opera delle milizie dello Stato di Israele. Tuttavia, non possono non essere menzionati anche gli atti terroristici perpetrati ai danni degli israeliani dai ribelli palestinesi. Un conflitto, quello tra i due popoli, che va avanti da tempo e che le diplomazie internazionali, in primis l’Onu, non riescono in alcun modo ad arrestare. La soluzione, si sa, deve passare per una pacificazione che garantisca, da un lato, il diritto di Israele ad avere confini sicuri; e dall’altro, la pretesa, legittima, dei Palestinesi di avere una Nazione-Stato, riconosciuta ufficialmente. Per questo, i volontari di Amnesty chiedono che le due opposte fazioni facciano un passo indietro per assicurare una soluzione pacifica che contempli le richieste di entrambe. La cessazione degli attacchi terroristici palestinesi, ed il rispetto dei diritti umani e della Convenzione di Ginevra, da parte degli Israeliani, debbono rappresentare la premessa per una pace possibile. Nel corso della serata, inoltre, è stato proiettato il documentario “The Iron Wall” (Il Muro di Ferro) del palestinese Mohammed Alatar, che testimonia con crudezza le condizioni di vita del popolo arabo al di qua del Muro di Gaza, fatto costruire dagli Israeliani per “salvaguardare” il loro territorio, e che rievoca tempi oscuri come quelli della Guerra Fredda, culminati con l’erezione del Muro di Berlino. Un incontro, dunque, che ha fatto e deve far riflettere l’opinione pubblica, spesso troppo “distante” (per volontà propria o per mancata informazione) da questioni che non possono vederci come spettatori disinteressati.