A Torre Annunziata capita spesso di incontrare per strada persone provenienti da Paesi extracomunitari. C’è chi si arrangia con piccoli lavori, chi chiede l’elemosina davanti a negozi e supermercati, chi suona la chitarra nei pressi del parco Parnaso. Scene che ormai fanno parte della quotidianità. Nei giorni scorsi, però, mi sono imbattuto in un episodio che mi ha colpito in modo particolare.

In via Caravelli ho notato un giovane africano che parlava cordialmente con un uomo del posto. Mi sono avvicinato – i giornalisti, si sa, sono sempre curiosi – e mi sono trovato davanti a una scena semplice ma profondamente commovente. Il ragazzo indossava un giubbotto, uno scaldacollo e un cappello di lana appena ricevuti in dono da un cittadino torrese, che ha preferito restare anonimo.

Ho chiesto a quest’ultimo il motivo di quel gesto. Mi ha raccontato che poco prima aveva visto il giovane seduto a terra sul marciapiede, esposto al sole per cercare di scaldarsi, perché non aveva nulla per ripararsi dal freddo. Così era tornato a casa e aveva preso alcuni capi di abbigliamento dismessi del figlio, decidendo di regalarglieli.

Il ragazzo, a quel punto, ha iniziato a raccontare la sua storia. Si chiama Mohammed, ha 25 anni ed è originario del Burkina Faso, in Africa occidentale. Cinque anni fa aveva lasciato il suo Paese insieme ad alcuni amici, raggiungendo la Tunisia in autobus. Da lì, dopo aver pagato un passaggio su un barcone, era approdato in Sicilia. Successivamente si era spostato in provincia di Roma, dove aveva svolto lavori saltuari in agricoltura, soprattutto nella raccolta di frutta e verdura.

Una notte, mentre dormiva su una panchina, era stato derubato dei pochi soldi che possedeva e dei documenti. La denuncia, ancora piegata in tasca, ce l’ha mostrata come unica prova di quanto vissuto. Era arrivato a Torre Annunziata nella speranza di trovare lavoro come lavapiatti, ma senza successo. Per questo aveva deciso di tornare a Napoli con la Circumvesuviana, nella speranza di un’occasione migliore.

L’anziano cittadino torrese si è poi congedato per accompagnarlo alla stazione, pagargli il biglietto del treno e lasciargli anche qualche euro per comprarsi un panino.

Finisce qui questa storia, che a qualcuno potrà sembrare inventata, ma che è invece la pura verità di un giovane sfortunato e, purtroppo, la fotografia della condizione di tanti immigrati costretti a fuggire dalla propria terra per sottrarsi alla fame e a reinventarsi ogni giorno per sopravvivere in Italia.

Un ultimo dettaglio, quasi simbolico, chiude questo incontro: sotto il giubbotto appena indossato, Mohammed portava una vecchia e sgualcita maglietta del Napoli.

Anche lontano da casa, a volte, un simbolo basta a ricordarci che siamo tutti un po’ più vicini di quanto crediamo.

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